Agli italiani toccate tutto, ma non il vino
Storia di un popolo che si incazza se dici che bere fa male.
“È incredibile, tutti contro le droghe fino a quando non si parla di alcol”.
Qualche giorno fa stavo scorrendo Twitter e ho trovato questa provocazione. Manca a dirlo, nei commenti si era scatenato il putiferio, con gli utenti che a spada tratta difendevano il famoso e italico “bicchiere di vino quotidiano”.
Il punto è che non si trattava di una provocazione: tutti gli studi dimostrano come anche piccole quantità di alcol facciano male alla salute, indipendentemente dal fatto che sia vino rosso, spritz, whisky.
Ma perché allora, anche di fronte a delle dimostrazioni scientifiche, l’italiano medio polemizza come se ne andasse della sua stessa vita?
Twitter è quel social magico dove, se dici che ti piace la pizza margherita, nei commenti troverai qualcuno che ti fa notare che il post è poco rispettoso nei confronti dei celiaci, troverai chi ti dice che fa ingrassare, troverai un nazi-vegano che ti dice che dovevi mangiarla rossa, troverai qualcuno che ti chiede “e il sushi?”.
Insomma, qui la polemica è facile, anzi, è all’ordine del giorno.
Ci sono però dei temi che accendono la discussione più facilmente di altri: il calcio, la politica, Israele e Palestina, gli scandali degli influencer, le tradizioni.
Sono proprio queste ultime le mie preferite, soprattutto quelle culinarie: adoro andare sotto le ricette in cui qualche americano ha fatto la carbonara con la panna oppure ha messo l’ananas sulla pizza e leggere i commenti di orde di italiani imbestialiti.
Da una parte mi fa ridere la creatività degli insulti, dall’altra parte però è curioso analizzare il motivo per il quale avviene tutto ciò.
Perché gli italiani sono così protettivi nei confronti della propria cultura e delle proprie tradizioni?
Perché si arrabbiano così tanto quando qualcuno aggiunge la panna alla carbonara?
Perché si incazzano se qualcuno dice che l’alcol fa male?
La risposta a queste domande probabilmente la troviamo nella storia: la cucina per esempio ha sempre avuto un ruolo centrale nel concetto di “famiglia“ e di “popolo”.
Non rappresenta infatti solamente l’atto del mangiare, ma è la punta di un iceberg in cui la parte sotto l’acqua corrisponde alla nostra identità, alla nostra cultura, al nostro orgoglio nazionalista.
Vien da sé quindi che se qualcuno mette mano alla “ricetta tramandata dalla nonna“, la rabbia non derivi da un perfezionismo culinario, ma dalla sensazione irrazionale secondo la quale il nostro intero apparato culturale è messo in pericolo.
A maggior ragione oggi, coi social e la globalizzazione sempre più estrema, il livello di guardia dell’italiano medio è alle stelle, dato che si sente messo al muro da una continua esposizione a delle fantomatiche minacce che vede “sull’internet”.
A furia di proteggere i sacri valori italici come la casa e la chiesa, il nostro italiano medio non si è accorto di essersi circondato di crocifissi, di slogan e di “valori” perdendo però di vista la coerenza.
Nella propaganda, infatti, per proteggere la famiglia e la cultura ha mosso guerra alla droga, creando una pericolosa distinzione tra droga buona e droga cattiva.
Quella “cattiva” è stata messa al bando, arrivando a proporre di eliminare anche la famosa erba legale (che solo vedendo il nome sembra un ossimoro).
Quella “buona” invece non solo è rimasta inattaccata, ma è anche facilmente accessibile in ogni supermercato, nello specifico nella corsia degli alcolici.
Ci sono vizi tollerati e vizi banditi.
Certo, dietro ci sono infiniti interessi economici e di lobby, ma il risultato più interessante di questa dinamica è vedere come se la vive il semplice cittadino.
Infatti qui ritorna in gioco il concetto di tradizione che era stato descritto prima: in Italia la magia del vino esiste da sempre, da migliaia di anni, pure qualche dottore old school consiglia di bere il classico bicchierino, e non c’è studio scientifico che possa far cambiare idea.
Perché quelli che per noi sono dei dati inconfutabili, per molti vengono visti come un terremoto che scuote le fondamenta della propria identità, della propria storia, delle proprie certezze.
E quello che su internet può sembrare un hater che insulta gli scienziati (come abbiamo visto sotto il post iniziale), in realtà nasconde dietro di sé una persona impaurita.
Quindi a questi utenti bisogna fare una dolce carezza sulla testa e sussurrare all’orecchio che andrà tutto bene.
Oppure ignorarli e aspettare che, come è sempre successo nel corso della storia, la scienza faccia il suo corso.
Un tuffo nella linguistica: quante sillabe al secondo si possono dire in una certa lingua?
E quante informazioni si riescono a trasmettere?
Un grafico ce lo mostra.
Siamo a ridosso delle elezioni negli Stati Uniti ed è un periodo di fuoco per i sondaggi. Chi sta vincendo dove? Com’è la situazione in questo stato? Che percentuale c’è nell’altro?
Quando si vedono questi sondaggi sono fondamentali una serie di accorgimenti (come per esempio controllare il campione analizzato) per non cadere vittima di dati misleading, ed è un comportamento utile da applicare ogni qualvolta si trova una notizia.
Un articolo di Mashable dà un po’ di dritte su come comportarsi.
E infine Zuck: ci avete fatto caso che da quando è diventato swag a nessuno frega più niente che ci ruba i dati?
È tutto guys, ci sentiamo la prossima settimana :)
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Io ho sviluppato un amore per il professor Grandi in tal senso, il "Barbero della culinaria", personaggio devastato dall'utente che vede attaccata la propria tradizione alimentare.
Più o meno in tema, pochi giorni fa sotto un articolo scientifico, all'interno del quale veniva dimostrato un determinato concetto, ho avuto il piacere di trovare chi commentava con un'opinione non convinta dalla dimostrazione scientifica appena spiegata e ho avuto conferma che siamo meravigliosi, c'è poco da fare.
In effetti il bicchiere di vino si dice faccia sangue…. Va a sfatare questo mito….