“Siamo un’azienda leader di settore, abbiamo valori autentici e d’impatto e insieme ai nostri clienti raggiungiamo gli obiettivi”.
Mi sono venuti i brividi a scrivere questa frase.
Per chi magari non usa molto Linkedin, ecco un altro esempio:
“La mia forza è che se cado mi rialzo perché sono resiliente: se voglio posso”.
Che sensazioni avete provato?
Quelle che avete appena letto sono un’accozzaglia di frasi fatte e di parole ormai abusate.
Per quanto possa sembrare solo una finezza, questo modo di comunicare in realtà può avere conseguenze negative: continuando a usare sempre le stesse parole ed espressioni, spesso anche in maniera impropria, si svuotano di significato.
Uno degli esempi più eclatanti l’abbiamo visto con la parola “resilienza”.
Con l’ascesa di Gianluca Vacchi, che l’aveva reso il suo mantra, già nel 2017 era una delle parole più usate sui social (e più tatuate).
La parola in sé chiaramente è pregna di significato: cadere e avere poi la forza di rialzarsi è una delle metafore che più può motivarci a diventare la versione migliore di noi stessi (ecco, un’altra frase fatta).
È una parola talmente potente a livello di significato che è stata addirittura utilizzata per descrivere il piano di ripresa post pandemia (con il PNRR, ossia il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza).
Ed è un concetto TALMENTE POTENTE, che nel tempo ha trasceso il semplice significato di “parola“ per diventare a tutti gli effetti una mentalità, uno stile di vita, un mindset (ancora).
Ma come tutto ciò che diventa virale e utilizzato su larga scala, succede che poi arriva una controparte a prendere in giro la dinamica e portare il concetto verso la sua morte.
È proprio per questo che ora, se pensiamo alla parola resilienza, la sensazione che ci rimane non è certo positiva: è come se questa parola ci avesse stancato, come se avesse perso il suo significato.
Ora come ora la usereste mai in un contesto qualsiasi, ad esempio in famiglia o al lavoro? Non credo, sarebbe un po’ da “sfigati“.
Questo è ciò che avviene quando si esagera con qualcosa: lo si porta alla sua morte.
La stessa dinamica colpisce anche il gergo aziendale.
“Siamo i leader del settore”.
“Questa azienda è una grande famiglia”.
“Cerchiamo una comunicazione disruptive”.
Sono frasi che abbiamo visto in giro così tante volte che ormai non vogliono più dire nulla.
Il rischio qual è?
Il rischio è che si dicano tante parole per poi alla fine non esprimere nulla, è appiattire e sminuire messaggi che invece dovrebbero bucare lo schermo (altra frase fatta).
Parlare e comunicare bene in generale è più importante di quanto crediamo: non significa solamente scrivere dei bei post per i social, vuol dire comunicare meglio e farsi capire da chi si ha intorno.
Se ci basiamo infatti solo su frasi fatte, inevitabilmente non possiamo raccontare al 100% ciò che pensiamo, perché usiamo modi di dire già esistenti e che quindi non sono cuciti su misura per noi.
E ripeto, non è un consiglio solo per i social, ma è per la vita di tutti i giorni.
Meglio meno parole, ma efficaci.
È l’unico modo per diventare leader nel settore per davvero.
Un ragazzo è stato eletto al Parlamento Europeo.
La cosa più assurda? Non è un politico ma è uno YouTuber che, grazie ai contenuti pubblicati sui suoi profili social, è riuscito a ricevere oltre 70mila voti nel suo paese, Cipro.
Qui racconta l’inizio della sua avventura (ha un che di Black Mirror).
Giovanni Muciaccia (sì, quello di Art Attack) in un video di 5 minuti ci racconta i commenti che ha ricevuto dopo aver pubblicato un contenuto di satira politica.
La parte più interessante è quando racconta come i personaggi che hanno visibilità (lui, ma anche tutte quelle figure pubbliche che lavorano in tv o banalmente sui social) vengano visti male quando si espongono su temi che sono lontani rispetto a ciò di cui si occupano solitamente.
Sapete la mia visione negativa sull’attivismo performativo, cioè su chi si espone su un certo tema sociale solamente per un ritorno personale (di visibilità o economico), ma sono anche dell’idea che chi ha qualcosa da dire deve farlo, per cercare di influenzare in maniera positiva chi sta guardando.
Facebook è inondato da contenuti generati con l’intelligenza artificiale.
Immagini di Gesù nelle forme più disparate o di bambini in Africa che costruiscono “cose strane”… la teoria che “internet sia morto” sembra sempre più vera, godetevi questo video.
E dopo questa carrellata di video vi saluto, al prossimo giovedì :)
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Resilienza è un termine derivato dalla meccanica e dalla fisica. Peccato che tutti si "dimentichino" che la resilienza è da considerare sempre in correlazione all'ambiente circostante, mai di per sé.
Altra cosa, la resilienza NON è la capacità di CAMBIARE adeguandosi in risposta alle sollecitazioni esterne (quella è chiamata "tenacità"), ma di tornare uguale a prima (traslato alle persone quindi, essenzialmente, fregarsene).
SCUSATE, MA PRIMA O POI ANDAVA DETTO 😄
Resilienza è la mia Kryptonite: posso avere di fronte anche Julia Roberts, ma a quella parola il cervello si stacca e comincio ad avere i criceti nel cranio tipo Homer Simpson.
Non riesco ad assimilare nessun concetto esposto da quel momento in poi.