Cos'hanno in comune un esperimento sulle scimmie e "All eyes on Rafah"?
Come la frase "abbiamo sempre fatto così" ci sta rovinando.
Negli anni ‘60 uno scienziato ha condotto un esperimento: ha chiuso 5 scimmie in una gabbia e in mezzo alla stanza ha messo una scala con delle banane in cima.
Le scimmie, incuriosite, per un po’ di tempo hanno esplorato il perimetro della gabbia ma poi, attratte dalle banane, si sono avvicinate alla scala.
La prima scimmia quindi ha provato a raggiungerle ma, non appena ha messo piede sull’ultimo gradino, lo scienziato ha sparato dell’acqua gelida addosso a tutte le scimmie.
Una volta asciutte ci hanno riprovato: un’altra scimmia si è avventurata sulla scala ma, nuovamente, una volta raggiunta la cima lo scienziato ha spruzzato dell’acqua gelida su tutte loro.
Dopo un po’, anche la terza scimmia voleva provare a prendere le banane, ma ancor prima di salire è stata fermata dalle altre: non volevano essere bagnate di nuovo.
Da allora nessuna ha più provato a raggiungere le banane.
Lo scienziato decide quindi di rimuovere una delle scimmie presenti nella gabbia e sostituirla con una nuova.
La scimmia appena inserita prova subito a salire sulla scala ma viene prontamente fermata (e picchiata) dalle altre. Così, senza saperne il motivo, la nuova scimmia non prova più a salire.
Una alla volta vengono sostituite tutte le scimmie iniziali con delle “scimmie nuove”, che provano ad arrampicarsi venendo subito bloccate dalle altre.
Alla fine dell’esperimento, nella gabbia ci sono 5 scimmie che non provano a raggiungere le banane, nonostante non abbiano mai subito sulla loro pelle il getto d’acqua gelida.
Alcune fonti dicono che questo esperimento non sia mai veramente accaduto, ma ci è utile per capire il comportamento umano.
Uno dei meme più ricorrenti in molte realtà aziendali è la frase “abbiamo sempre fatto così”… che corrisponde alla dinamica della scimmia che non prova a salire sulla scala perché gliel’hanno detto le altre.
Noi umani siamo fatti così, siamo naturalmente spinti a rispettare le condizioni sociali e le abitudini senza farci troppe domande. Anzi, se non lo facciamo risultiamo noi quelli strani.
Questa conformazione e appiattimento lo si nota enormemente sui social: i trend diventano un buco nero che assorbe l’attenzione degli utenti e si propaga come un virus dal quale nessuno può sfuggire.
A dir la verità, con i meme e con i contenuti di intrattenimento è un fenomeno divertente, ma quando si tratta di tematiche sociali allora la situazione comincia a essere più delicata.
L’abbiamo visto la scorsa settimana col trend “All eyes on Rafah” che ha fatto tantissimo discutere: si trattava di un’immagine che conteneva la scritta virgolettata, ricondivisa da decine di milioni di persone in tutto il mondo per portare l’attenzione su ciò che sta succedendo a Gaza.
L’iniziativa era concettualmente positiva, ci mancherebbe, è fondamentale che se ne parli.
Ma chi mi segue da un po’ sa bene cosa ne penso dell’attivismo performativo: se si fa qualcosa solamente per i like o per la FOMO, tanto vale non farlo.
Se Peppino tra una storia in discoteca e una del proprio cane cerca di sensibilizzare sulla guerra, fa in modo che il messaggio inizialmente positivo un po’ alla volta perda valore. Sì perché se in tanti pubblicano lo stesso contenuto, senza capirlo a fondo ma solamente “perché lo fanno tutti”, alla fine si rischia di banalizzare il tema.
Cioè l’esatto opposto di quello che dovrebbe essere l’obiettivo.
Il famoso “RIP amico mio - e mo’ si mangia”.
Insomma, ancora una volta sono qui ad appellarmi al famoso spirito critico: se si vogliono ottenere dei risultati è fondamentale farsi le giuste domande. E cercare di darsi le giuste risposte.
E non sempre un contenuto copia-incolla è la scelta migliore.
Altrimenti si fa la fine delle scimmie, che solo per “sentito dire” non provano a prendere le banane e muoiono di fame.
Questo è l’articolo n.51, nel prossimo festeggeremo un anno di Edamame!
Tra qualche giorno inoltre esce il nuovo libro di Ugolize, se volete su Amazon c’è già il preorder: saranno 11 storie spalmate su oltre 200 pagine piene di freddure, ci abbiamo lavorato un sacco e non vediamo l’ora esca.
Noi ci sentiamo il prossimo giovedì :)
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Grazie per la newsletter alla quale sono iscritta da poco. La trovo fresca, leggera e allo stesso tempo interessante e che rompe schemi consolidati che non servono più a molto.
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