In principio era il verbo.
Poi arrivò l’uomo.
Nel corso della storia l’essere umano si è evoluto seguendo il percorso imposto dalla genetica, che ne ha modellato il DNA e l’ha reso fisicamente com’è ora.
La genetica quindi ha definito come i tratti “migliori” dell’uomo venissero tramandati di generazione in generazione tramite la selezione naturale.
Allo stesso tempo però l’uomo si è evoluto non solo da un punto di vista fisico, ma anche a livello culturale.
Da sempre infatti tradizioni e costumi sono parte integrante delle nostre vite e possiamo dire che praticamente non esisteremmo senza.
La genetica quindi viene completata dalla memetica, che in maniera analoga definisce la cultura che viene tramandata di generazione in generazione, anche qui tramite una sorta di selezione naturale.
Il primo che studiò la memetica fu Dawkins che, nel 1976, evidenziò come le idee venivano (e vengono) diffuse nel corso del tempo.
Dawkins per definire queste idee coniò il termine meme: se nella genetica ci sono i geni, il corrispondente nella memetica sono i meme.
Colpo di scena! I meme quindi esistono da sempre.
Infatti, secondo la definizione di Dawkins i "meme" sono delle unità culturali che vengono diffuse da un individuo all'altro attraverso l'imitazione.
“Imitazione” è la parola chiave, ed è la modalità che ha completamente definito la cultura e la società nella quale viviamo oggi.
Ma a livello pratico che significa?
Se ci pensate, storicamente la diffusione delle idee è sempre avvenuta come una sorta di telefono senza fili: qualcuno crea un proverbio? Esso viene tramandato da genitore in figlio, subendo ogni volta delle piccole variazioni.
Di base quindi viene imitato e replicato.
La stessa cosa è successa con le credenze religiose, le tradizioni, l’architettura, le norme sociali, la cucina…
La zuppa creata con dei materiali avanzati da una famiglia contadina nel 1800 viene tramandata per poi finire su GialloZafferano.
Oppure in Giappone, che non è mai stata una colonia inglese, si guida a sinistra, perché? Beh, perché nel 1600 le strade giapponesi erano strette e, per evitare che le spade dei samurai si scontrassero tra loro, la circolazione migliore era a sinistra e permetteva di evitare che si generassero risse. E ancora oggi l’usanza si è mantenuta.
Da sempre quindi l’uomo tramanda concetti e lo fa tramite “imitazione”: replica ciò che in passato ha funzionato e lo ripropone nuovamente in contesti diversi seguendo un’effettiva selezione naturale culturale, in cui le idee più adatte o attraenti si diffondono e perdurano nel tempo.
Poi però un bel giorno arriva internet.
Con Dawkins la parola “meme” era stata utilizzata per descrivere la diffusione culturale delle idee nel tempo, con l'avvento di Internet e dei primi forum online però iniziano a nascere le forme più grezze dei meme che conosciamo oggi e il suo significato prende una connotazione diversa.
Si ipotizza che quello che vedete qui sotto sia il primo meme della storia: è stato pubblicato nel 1919 sulla rivista The Judge, quindi ben prima del periodo dell’esplosione di internet.
Il meccanismo alla base dei meme odierni però è esattamente lo stesso: analizziamolo un attimo.
Perché la striscia qui sopra viene definita come primo meme della storia?
In fin dei conti è solo una striscia, dove sta l’imitazione?
In realtà la vignetta ha delineato un concetto: “aspettativa contro realtà”.
Questo stesso concetto è stato poi ripreso dalla rivista stessa, che ha creato altri contenuti sempre sfruttando questo concetto, ma anche da altre riviste, diventando quasi un trend all’epoca. E diventando quindi un meme.
Di per sé un’immagine, seppur divertente, non è un meme.
Lo diventa solo quando viene replicato per imitazione, ossia viene cambiato il contenuto mantenendone la forma, o cambiata la forma mantenendo il contenuto (o mille altri modi diversi, basta che rimanga qualcosa di costante).
Questa definizione è fondamentale, ed è necessaria per capire anche il funzionamento dei meme oggi.
Le vignette che facciamo su Ugolize non sono dei meme. Se però decideste di prendere una nostra vignetta, cambiare dei testi e ripubblicarla, in quel caso stareste creando un meme.
Facciamo un balzo in avanti.
Durante i primi anni 2000 la diffusione dei meme attraverso Internet diventa sempre più importante grazie all’esplosione dei social media, dei blog e dei siti dove è possibile condividere i contenuti.
Da qui la crescita è esponenziale, i meme diventano sempre più complessi, più virali, più coinvolgenti, più verticali.
Nonostante le varie differenze tra le wave di contenuti (dai rage meme del 2010, ai reaction meme, fino ad arrivare a TikTok), c’è un denominatore comune in tutti: il loro ciclo di vita.
Volendo semplificare, un meme ha principalmente 4 fasi: nasce, si espande, raggiunge il picco e poi muore.
A livello storico, per molti meme la nascita spesso è avvenuta su canali social di nicchia, come 4chan o Reddit. Qui delle persone illuminate hanno visto cose che noi comuni mortali non possiamo nemmeno immaginare e hanno sfornato e diffuso concetti e grafiche.
In periodi più recenti, grazie alle facilità con cui i contenuti diventano virali su social come Vine (RIP) e TikTok, la creazione di meme è diventata possibile un po’ a tutti.
Fai un video scemo al tuo gatto? Anche se non ne sai nulla del mondo dei meme, se lo pubblichi e diventa virale può essere che poi la gente lo trasformi e lo ripubblichi, creando a tutti gli effetti un trend col tuo gatto.
Però non basta la viralità: qui entra in gioco il meccanismo fondante descritto da Dawkins, ossia la selezione naturale dei contenuti.
Infatti è impossibile creare un meme.
La dinamica che avviene è che qualcuno crea un contenuto, lo diffonde e poi aspetta (e spera) che la magia di internet avvenga.
Certo, si possono creare i presupposti affinché un post diventi virale, venga assorbito dalla cultura collettiva e persone da tutto il mondo lo usino, ma è impossibile fare in modo che avvenga con precisione. Internet è imprevedibile.
Cito Know Your Meme: “Non bisogna confondere i meme con il contenuto stesso: i meme vivono al di fuori del contenuto, sono sopra di esso e intorno ad esso.”
Per riprendere l’esempio del gatto, se pubblichi un video che ritieni divertente e magari fa anche tante views, non è detto che diventi un meme. In questo caso le condizioni ci sono (i video di gatti piacciono a tutti), ma se manca il potenziale memetico il video muore lì.
Una volta superata la prima parte di selezione naturale, il contenuto si espande sempre di più. Se è divertente e facilmente riconoscibile è probabile che si espanda in maniera molto veloce in tutto il mondo.
Il meme di Drake qua sotto (personalizzato per l’occasione) per esempio è stato uno dei più utilizzati della storia.
È semplicissimo, intuitivo, divertente, colorato, usa un volto riconoscibile… ma soprattutto è facilmente replicabile: anche se non hai conoscenze del mondo dei meme puoi capire l’immagine e ricrearla a tua volta!
Con tutte queste qualità potete immaginare quanto l’attività di imitazione sia frequente, elemento fondamentale per battere la selezione naturale e moltiplicarsi nel mondo.
E quindi i meme crescono, crescono, crescono, seguendo una parabola ascendente fino a quando raggiungono la loro massima espansione.
Ovviamente il picco è relativo: alcuni meme di nicchia raggiungono al massimo gruppi piccolissimi e verticali, altri invece fanno miliardi e miliardi di impression.
Selezione naturale.
Alcuni meme vivono per mesi, alcuni addirittura per anni. Il meme di Drake appena citato, per esempio, capita di trovarlo ancora in giro quando si scorrono i social. Certo, non ha lo stesso potere del 2015, ma c’è anche da dire che sono passati 9 anni!
I meme su TikTok invece durano molto meno: rispetto ad anni fa ci sono tantissimi contenuti in più, gli strumenti di editing sono alla portata di tutti e di conseguenza tutto avviene più velocemente. Capita quindi che un meme nasca e muoia nel giro di pochissimo (anche nel giro di un giorno).
Che sia il meme di Drake che dura un decennio, che sia un meme su TikTok che dura poche ore, alla fine tutti i meme muoiono.
La causa principale è la sovraesposizione: quando la gente usa troppo un determinato template, viene visto troppe volte nel feed e diventa noioso.
Nella fase di crescita, un meme raggiunge sempre più persone. È da considerare, però, che lo stesso meme viene mostrato in maniera ridondante anche alle persone che hanno visto le versioni precedenti che finiranno inevitabilmente per stancarsi.
In certi periodi, quando un meme diventa virale, capita di aprire i social e trovare solo quell’immagine. Sempre e solo la stessa.
La sensazione è un po’ come quando trovi un cibo che ti piace, lo mangi tutti i giorni e poi finisci per odiarlo.
Inoltre è da considerare il fattore esclusività: se si è in pochi ad apprezzare qualcosa, le viene dato più valore. Quando invece lo stesso meme viene condiviso da TUTTI, si perderà quel senso di appartenenza andando incontro al suo naturale decadimento.
Insomma, quando un meme diventa “per tutti”, perde quella magia e forza comunicativa che aveva quando era limitato a una certa nicchia.
E arriviamo ora al tema annunciato nel titolo: Fantasanremo.
Per chi non sapesse di cosa si tratta è una sorta di fantacalcio, ma applicato a Sanremo.
Tu selezioni dei cantanti che faranno parte della tua squadra e, in base a ciò che succede durante le varie serate, accumuli dei punti.
Un cantante nella tua squadra si presenta con gli occhiali? Guadagni 5 punti. Un cantante si siede sul palco? Perdi 5 punti.
Alla fine vince chi ne ha fatti di più, semplice.
Il concetto è molto divertente e aggiunge un livello di conversazione social che rende l’evento ancora più unico e virale. Potete immaginare le discussioni che avvengono su Twitter durante le varie serate, tra giocatori che si scannano e cercano di accaparrarsi più punti.
Fantasanremo nasce nel 2020 da un gruppo di ragazzi che si ritrovano fisicamente in un bar a creare la propria squadra con i cantanti preferiti. La prima edizione conta 47 iscritti (sì, quarantasette), ma comunque riscuote interesse anche online, diventando un qualcosa di unico e generando hype per l’anno successivo.
Nel 2021 il gioco arriva online e raggiunge tantissime persone: gli iscritti sono oltre 45mila. Un bel salto contando i 47 dell’anno precedente.
Negli anni successivi esploderà definitivamente: nel 2023 le squadre iscritte sono state più di 4 milioni.
Il bello di Fantasanremo era che “apparteneva alla gente”.
Si è però poi trasformato in un impero: ci sono profili social dedicati, c’è una sigla professionale, sul sito ci sono i premi sponsorizzati dai brand… ma soprattutto i cantanti sono consapevoli di questo gioco e fanno a posta certe scene solo per far guadagnare più punti ai giocatori.
Insomma, ha perso la magia che aveva inizialmente perché, come un meme, quando diventa “per tutti” non è più bello.
E quando viene monetizzato perde l’effetto della spontaneità, fondamentale per fare in modo che qualcosa funzioni su internet.
Come sempre, il capitalismo ha rovinato tutto. Ma non potrà mai rovinare i meme.
Era da almeno 3 anni che volevo fare un approfondimento sui meme, ritengo questo mondo estremamente affascinante soprattutto per chi come me si occupa di comunicazione.
Spero di avervi appassionati, al prossimo giovedì :)
PS: in questa newsletter ho ripetuto per 54 volte la parola meme.
PS2: se la newsletter ti piace metti un cuoricino qui sotto!
Newsletter super interessante . Grazie Mattia!
Non mi resta che commentare con “ho giocato a capodanno con What do you meme ”