Quanto decidono per noi gli algoritmi?
Tra politica, Sabrina Carpenter, prati e astroturfing: quanto influisce su di noi la propaganda poco trasparente?
Quando vediamo un prato coperto d’erba verde lo ammiriamo nella sua interezza, ignorando però ciò che stiamo guardando realmente.
Infatti, il prato non esisterebbe se non ci fossero, uno di fianco all’altro, tanti fili d’erba che nel tempo sono cresciuti lentamente dalle loro radici.
Ed è affascinante paragonare la nostra comunità, quella degli degli esseri umani, a tanti prati diversi.
In che senso?
Da sempre l’essere umano condivide con gli altri le proprie idee e, in base alla qualità di esse, la comunità stessa decide se condividerle a sua volta, farle proprie, oppure farle morire.
Alcune idee sono così forti e coinvolgenti che possono delineare la personalità della comunità, che le assimila arrivando a formare addirittura la cultura e l’identità della stessa.
Queste idee partono dal basso e, esattamente come le radici dei fili d’erba, se coinvolgono il resto della comunità è possibile che poi diventino qualcosa di reale, di tangibile.
Il fenomeno si chiama “grassroots”: viene anche definito “movimento dal basso” ed è caratterizzato dai movimenti politici che appunto nascono dal basso e, in maniera orizzontale (quindi tra pari), si propagano all’interno di una comunità.
Questa dinamica nasce con fini politici, certo, ma poi col tempo ha trovato terreno fertile (gioco di parole, a proposito di fili d’erba) in tutti quei settori in cui “l’unione fa la forza”. La politica appunto, ma anche l’economia, l’attivismo…
I social poi hanno reso il grassroots un fenomeno ancora più d’impatto: ve lo ricordate il potere comunicativo del movimento BlackLivesMatter oppure #MeToo?
Erano proprio questo: delle campagne che nascevano dal basso, raggiungevano una copertura mediatica sempre più ampia, diventando infine parte dell’identità globale.
Esattamente come tanti fili d’erba che messi insieme formano un prato.
Il fattore chiave che fa funzionare il grassroots è l’organicità (anche qui gioco di parole): le idee che nascono e si propagano lo fanno in maniera completamente naturale, senza spinte di nessun tipo se non con la condivisione degli ideali delle figure coinvolte.
Ecco, nel tempo però è nato un fenomeno diametralmente opposto, ossia l’astroturfing.
Vi do la definizione citando Wikipedia: “astroturfing” è una tecnica di marketing in cui si crea a tavolino un supposto consenso proveniente dal basso, affidandosi spesso a persone retribuite con modalità non trasparenti, affinché esse producano artificialmente un'aura positiva intorno al bene da promuovere.
Insomma, per fare un esempio pratico astroturfing è quando dei profili fake commentano positivamente i post di un certo candidato politico per migliorarne la reputazione agli occhi degli elettori, oppure dei troll commentano negativamente il competitor per ottenere l’effetto opposto su di lui.
Prima di continuare la riflessione, un piccolo appunto sul nome: grassroots, la modalità positiva di diffusione delle idee, significa “radice d’erba”, quindi qualcosa di naturale. Astroturfing invece rappresenta l’erba sintetica, metafora perfetta per descrivere una modalità di diffusione indotta e artificiale.
Tornando a noi, quando si vuole influenzare l’opinione pubblica l’astroturfing potenzialmente è un’arma potentissima: da più di un decennio vediamo in azione i famosi troll citati precedentemente, oppure leggiamo dei commenti estremamente lusinghieri sotto i post dei politici.
Mi fa sempre ridere leggere di qualche politico o figura pubblica che viene beccato ad auto-commenta i propri post scrivendo “Bravo Marco, ottimo intervento”, perché in realtà si era dimenticato di “switchare” al proprio account fake. Si scopre quindi che si stava sostenendo da solo.
Oltre ai commenti si può influenzare l’opinione esterna anche solamente con i numeri: per quello molti account si comprano follower falsi, per far vedere che il numero di persone che li segue è più alto di quanto lo sia effettivamente. E questa tecnica fa guadagnare loro credibilità agli occhi di un utente inesperto.
Questa tecnica di influenza tramite astroturfing proviene perciò dall’alto, da delle figure che vogliono influenzare verso il basso (top-bottom) per i fini più disparati: consenso politico, immagine e reputazione, finalità commerciali.
Un approfondimento ancora più interessante rientra proprio in quest’ultimo, cioè in ciò che genera guadagno.
Da un po’ di tempo sentiamo parlare insistentemente di industry plant (è assurdo quanto in questa newsletter tutto sia legato al mondo green).
Unendo un po’ di spiegazioni trovate su vari siti, industry plant è la definizione che descrive un artista musicale che si presenta come indipendente, ma si ritiene che sia stato spinto da una casa discografica.
Esattamente il processo di influenza top-bottom descritto nell’astroturfing.
Molti artisti negli anni sono stati accusati di essere industry plant e le costanti erano: essere arrivati alla ribalta in brevissimo tempo, avere poca gavetta alle spalle e raggiungere numeri social spaventosi nel giro di pochi mesi.
Una delle prime è stata Billie Eilish, esplosa all’improvviso con il singolo “Bad Guy”, ma poi a ruota ne sono arrivati tanti altri, come Jack Harlow, The Kid Laroi, Ice Spice, fino alla recentissima Sabrina Carpenter.
Per chi non conoscesse quest’ultima (nemmeno io fino a una settimana fa) è la cantante più in tendenza su TikTok con milioni e milioni di ascolti e di views generate dalle sue canzoni.
Mi ha incuriosito il suo caso perché su Twitter ho trovato un post (ora cancellato) che aveva raggiunto oltre 40 milioni di utenti e chiedeva: “Metti "mi piace" se Spotify riproduce automaticamente la musica di Sabrina Carpenter anche a te”. E aveva centinaia di migliaia di like.
Perché Spotify dovrebbe mettere la musica di un’artista all’interno di una playlist in cui non c’entra nulla?
Vuoi un po’ vedere che sotto c’è qualcosa, come ad esempio un meccanismo che spinge alcuni artisti per fare in modo che salgano in classifica e poi portino guadagni sempre più grandi alla piattaforma?
C’è da dire che non abbiamo la certezza che gli algoritmi spingano in maniera così sistematica un determinato profilo, però è lecito farsi le dovute domande quando vediamo delle dinamiche sospette.
Quest’ultima parte sulle industry plant rimane comunque una curiosità: non è poi così grave che un artista segua un percorso di successo giovando di meccaniche esterne che accelerano la sua scalata.
La parte più delicata invece è quella che riguarda la diffusione “dall’alto” di certi concetti, soprattutto se sono politici o comunque a stampo sociale: dobbiamo avere la sensibilità e l’occhio clinico per identificare chi sta comunicando in maniera poco trasparente e chi invece in maniera genuina.
Perché per quanto l’erba sintetica possa risultare credibile, non sarà mai come quella naturale.
Buone, anzi, fantastiche notizie per gli utilizzatori di TikTok: è in arrivo in Italia il nuovo feed “STEM”, in cui si troveranno dentro solamente contenuti a tema scientifico.
“Scienze, tecnologie, ingegneria e matematica, con contenuti 100% educativi” cita l’articolo di annuncio, non vedo l’ora di provarlo!
Ho lanciato con Luca Altimani un nuovo progetto: si chiama The Content Kitchen, e di base è una sorta di agenzia in cui offriamo consulenza ad aziende e personal brand che vogliono comunicare meglio su Linkedin.
Lo facevamo già da un paio d’anni, ma ora l’abbiamo ufficializzato con questa nuova identità, in cui ci siamo travestiti da chef per il lancio (lol).
Non vi nego che la parte che più mi eccita è tutta la comunicazione che da ora faremo sul profilo Linkedin di The Content Kitchen, in cui un po’ alla volta condivideremo tutto ciò che sappiamo sulla piattaforma, con trucchetti, casi studio ecc. Seguici se ti interessa!
Finiti i festeggiamenti per l’anno di Edamame volevo ringraziarvi per il supporto ricevuto sullo scorso numero. Ci sentiamo giovedì prossimo :)
PS: se la newsletter ti piace metti un cuoricino qui sotto!
Non conoscevo questi argomenti e non conosco questa cantante. Penso che andrò avanti a non ascoltarla ahahah
Ciao Mattia, newsletter davvero interessante. Per quanto riguarta il perchè Sabrina Carpenter venga messa nelle playlist la risposta è semplice. Per sua natura Spotify genera alcune Playlist attraverso l'AI ma altre attraverso editor che selezionano le canzoni. La selezione avviene per gli artisti indipendenti o piccoli inviando l'anteprima del singolo agli editori attraverso la piattaforma, mentre per gli artisti che hanno il contratto con importanti etichette la scelta avviene tra accordi tra Spotify e l'etichetta. La domanda che io mi faccio è invece perchè ilpost su twitter è stato rimosso e se quello stesso post non facesse parte del progetto di marketong intorno alla "cantante" . Ciao