Il Giappone è la metafora perfetta per descrivere la nostra vita.
Ho appena passato due settimane nel paese del Sol Levante e, nonostante l’abbia vissuto in maniera “turistica”, guardando questa esperienza con una certa chiave di lettura posso definirla catartica.
Sì perché i giapponesi sono gente schiva: parlano poco, si fanno gli affari loro e ti guardano con un mix tra stupore e disgusto quando parli a voce alta in un posto pubblico.
Ma, nonostante ciò, le loro abitudini e l’universo che si sono creati sono estremamente eloquenti e descrivono in maniera perfetta la loro visione sulla vita e sul mondo.
Sbarcare a Tokyo è come ritrovarsi davanti a un fiume con una corrente che scorre fortissima.
Se decidi di entrare in acqua la corrente ti spinge e quasi non riesci a resistere. Se però ti lasci trasportare, ad un tratto ti ritroverai immerso nelle “vibrazioni” di questo posto.
Sicuramente è facile perdersi tra altre 14 milioni di persone presenti solamente nell’area urbana, il tutto condito da colori luccicanti, vizi estremi e passioni che diventano ossessioni.
Ed è proprio per questo che penso che Tokyo in qualche modo rappresenti la nostra quotidianità, frenetica ed esigente, farcita di aspettative e pronta a usarti e lasciarti in un angolo appena non servi più.
Non è facile restare a galla, servono una quantità infinita di energie e la resistenza mentale per non crollare.
Un modo con cui puoi mettere tutto in pausa è guardando il paesaggio dall’alto, in cui l’incrocio di Shibuya nel centro città (quello più trafficato al mondo) tutto d’un tratto non sembra più così impossibile da vivere ma diventa popolato da piccole formichine innocue.
E ti rendi conto che le aspettative che hai sempre sentito di dover sostenere in realtà non esistono, o meglio, sono solo una forzatura che non sei tenuto a rispettare. Il momento in cui ne diventiamo consapevoli sarà il momento in cui potremo diventare liberi.
Se Tokyo ci ha fatto credere che l’unica strada possibile sia la frenesia, città come Kyoto o Osaka invece ci mostrano come ci siano anche delle soluzioni intermedie, delle sfumature.
Queste due città infatti, per quanto molto diverse tra loro, hanno un elemento in comune: in entrambe coesistono contemporaneamente tecnologia e natura, consumismo e spiritualità, innovazione e tradizione.
Questo mix di situazioni da una parte risulta interessante a livello estetico, dall’altra comporta anche un risultato molto particolare.
Il risultato in questione si percepisce quando a Osaka si scende dal treno più veloce del mondo e a poca distanza si trova un maestoso castello del 1500. O quando in una città grande come Kyoto si trovano pagode, monumenti religiosi e foreste con le scimmie praticamente in centro.
Si ha la sensazione di essere costantemente in equilibrio su un filo sospeso in mezzo al vuoto, dal quale però c’è una vista magnifica.
E infine, nel Giappone che rappresenta la nostra vita, c’è anche la sofferenza che diventa voglia di rivincita.
È la storia di Hiroshima, città distrutta dalla bomba nucleare durante la seconda guerra mondiale e che nel corso dei decenni successivi è riuscita a riprendersi, malgrado le enormi difficoltà.
L’atomica ha letteralmente stravolto i suoi abitanti, e se spesso si parla dell’impatto della bomba in sé, troppo poco si raccontano gli strascichi che seguirono quel momento. La città infatti subì gli effetti delle radiazioni per anni, addirittura per decenni, causando sofferenze e sconvolgendo le vite del suo popolo.
Ora la città, il cui nome è e sarà per sempre collegato a quell’episodio, è una città tra le più importanti in Giappone, ma soprattutto è un grandissimo memoriale che ci ricorda quali sono stati gli errori e che non dobbiamo più commetterli.
Ma soprattutto è l’emblema di chi ha avuto la forza di rialzarsi, nonostante tutto.
Il Giappone è un paese magico, che mi ha lasciato tantissimo. Spero che quello che vi ho raccontato sia riuscito ad emozionare un po’ anche voi :)
Un po’ di giorni fa, Lamborghini ha annunciato il cambiamento dello storico logo, creando una versione più minimal e meno colorata.
La scelta di adottare loghi semplici, con pochi dettagli e con meno colori è ormai una tendenza appurata, che viene approfondita in questo tweet.
Oltre i colori però c’è anche un “problema” di font, tanto che tutti i nuovi rebranding sembrano identici.
Ah, sembra assurdo ma anche l’ISIS ha fatto rebranding.
Una delle mie cose preferite? I meme spiegati, analizzati, approfonditi.
Scorrendo TikTok ho trovato l’analisi della canzone che GrissinBon ha utilizzato nel suo famoso spot, che da qualche settimana è un meme viralissimo sui social.
“GrissinBon, GrissinBon, oggi porta in tavola una novità…”
Anche questa settimana la news è più breve del solito: in questo momento sono appena sbarcato in Italia e da domani (jet lag permettendo) tornerò operativo. E di conseguenza anche le newsletter più corpose.
A giovedì prossimo :)
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"E ti rendi conto che le aspettative che hai sempre sentito di dover sostenere in realtà non esistono, o meglio, sono solo una forzatura che non sei tenuto a rispettare. Il momento in cui ne diventiamo consapevoli sarà il momento in cui potremo diventare liberi."
É vero, le aspettative sono una forzatura ma il mondo in cui viviamo ci bombarda con esempi e stereotipi che sentiamo di non disattendere, la frenesia della quotidianità ci risucchia e così tendiamo inevitabilmente ad essere meno consapevoli e a dimenticare il nostro lato spirituale. Non é semplice distaccarsi dalle aspettative ma vale sempre la pena provarci!
ciao Mattia
spesso mentre aspetto la mia bimba all'uscita da scuola "mi imbatto" in riflessioni tra genitori tipo "non appena avrà l'età sufficiente lo spedisco negli States per prepararsi a vivere..
più spesso io, invece, ho pensato al Giappone: la contraddizione che apre viste e orizzonti e pensieri
(poi, su un'esperienza di base come il Giappone, tutto in più potrebbe essere il complemento con un periodo vissuto anche negli States