Aurore boreali, storie d'amore e stereotipi italiani
Breve viaggio a -20°: come si vive a Tromso?
Tromso è una piccola cittadina sui fiordi norvegesi.
È a nord del paese, talmente a nord che nel periodo invernale ci sono solamente 2 ore di luce durante il giorno.
E, come se il buio non bastasse, la temperatura media a dicembre è di -4 gradi (anche se spesso si scende anche a -15° o -20°).
Dall’altro lato però è molto interessante: Tromso è uno dei crocevia del turismo nell’estremo nord d’Europa ed è un melting pot culturale davvero unico. Qui si possono trovare turisti italiani così come olandesi, ma ci sono anche (e soprattutto) frotte di turisti cinesi e giapponesi.
E che ci fanno qua? Beh, sono alla caccia dell’aurora boreale!
Solo che un conto è stare qua per turismo, un conto è viverci in maniera stabile.
Vivere a Tromso infatti metterebbe a dura prova qualsiasi essere umano ed è lecito chiedersi: almeno che non si sia nati qua, cosa spinge una persona a venirci ad abitare?
Questa domanda l’ho fatta una sera a Federica, una ragazza di 25 anni che stava lavorando come cameriera in un ristorante italiano proprio qui a Tromso.
L’accoglienza nel locale era stata immediata:
“Hi, we have a reservation…” avevo esordito io, “italiani?” aveva risposto lei. Sgamati subito per via dell’accento.
Poi siamo riusciti a parlarci solamente verso la fine della serata, quando il locale era più tranquillo.
“Cosa ti ha spinto a venire qua, al freddo e al buio?”.
Ci ha raccontato che in realtà il motivo era solo uno: per amore.
Il suo ragazzo studia all’università di Tromso e lei, pur di starci insieme, l’ha seguito fino a qua.
Solo che la vita in Norvegia è molto costosa, quindi 5 mesi fa ha dovuto trovarsi un lavoretto per riuscire a mantenersi.
Anche se c’è da dire che il “lavoretto da cameriera” dalle statistiche risulta non essere per niente male, dato che la RAL media di un cameriere in Norvegia è più del triplo di quella di un cameriere in Italia.
Esclusa la parte economica però, vivere con il freddo e con il buio è un grandissimo sacrificio.
Presumo quindi che Federica sia davvero molto innamorata.
Il locale dove lavorava Federica e dove abbiamo mangiato si chiamava “La famiglia”.
Come già il nome poteva far intendere, l’arredamento dell’intero locale aveva come tema “la mafia italiana”.
Ok, detta così fa ridere, ma nella sala c’erano tantissimi rimandi al mondo della cultura pop mafiosa, tanto da raggiungere l’apoteosi con questo quadro piazzato al centro della sala.
Scarface, Pulp Fiction, Narcos, I Soprano, Peaky Blinders… Film e serie TV con il mondo delle gang come denominatore comune.
Mi stupisce sempre come all’estero sia così romanzata e idolatrata la cultura criminale ma, se si pensa che sia solamente una cosa “da social”, ci si sbaglia alla grande.
Mi viene per esempio in mente quella volta in cui ho incontrato un ragazzo dall’Uzbekistan che, dopo avermi chiesto se mangiamo sempre pizza, mi ha chiesto “ma è vera la cosa della mafia?”.
Come se fossi coinvolto in qualche cosca criminale pure io.
Non ricordo cosa gli ho risposto, ricordo solo che mi ha colpito quanto gli stereotipi sull’italiano medio fossero reali anche al di fuori dei confini digitali.
Io poi non ho saputo difendermi in maniera pungente, perché che razza di stereotipi ci sono verso la gente dell’Uzbekistan?
Tromso, come dicevo all’inizio, è un crocevia per il turismo ed è famosa per essere uno dei punti di partenza più rinomati per andare a caccia dell’aurora boreale.
Quando ho organizzato questa vacanza mi ero soffermato molto sulle parole “aurora boreale”, sorvolando invece sulla parola “caccia”.
E, quando tutto eccitato per le luci sono arrivato qua, ho capito cosa significasse: l’aurora boreale non appare costantemente sopra le città nordiche, ma è sfuggente, effimera, ed è necessario che ci siano le giuste condizioni per vederla.
Non è aurora “show”. È aurora “chasing”.
Così ci siamo armati di pazienza, consapevoli di quanto potesse essere complicato trovarla e ci siamo incamminati.
Con un’app tenevamo sotto controllo i suoi movimenti e la sua attività: la fortuna in realtà sembrava assisterci, dato che quella sera in teoria c’erano le condizioni favorevoli.
Noi eravamo determinati, il problema però era che partendo dal centro città c’era molto inquinamento luminoso. E allora abbiamo camminato. E camminato. E camminato.
Passata un’ora, col freddo e con nessuna luce all’orizzonte, eravamo abbastanza demotivati ma poi improvvisamente sentiamo degli schiamazzi: dei ragazzi in fondo alla stradina si stavano accalcando e sfoderavano i loro cellulari per scattare foto.
Alziamo la testa e vediamo delle sfumature verdi nel cielo. L’abbiamo trovata. Che soddisfazione.
Mentre si sta cercando l’aurora si è costantemente come dei suricati che guardano verso l’orizzonte. Testa alta, occhi in alto.
E mi ha fatto strano: di solito quando cammino per le grigie strade di Milano difficilmente guardo così tanto il cielo. Piuttosto sono concentrato nel non pestare schifezze sul marciapiede.
E così il mio cervello è entrato in un flusso di pensieri che mi ha fatto arrivare a questa domanda: ma come nascono gli aforismi?
Cioè, una frase viene estrapolata da un contesto più ampio e viene diffusa? Oppure qualcuno decide a tavolino di scrivere una massima su qualcosa?
Questa riflessione mi è venuta in mente perché, mentre camminavo con la testa puntata all’insù, un pensiero mi è balenato in testa:
Se guardi per terra al massimo trovi degli spicci, ma solo se guardi in alto puoi trovare l’aurora boreale.
Poi però ho pensato che messa così forse era un po’ cringe, quindi facciamo finta che non abbia detto nulla.
Purtroppo non abbiamo visto la versione migliore delle luci, ma c’è da dire che l’emozione che si crea quando si vedono in lontananza è incredibile. In qualsiasi caso ci riproveremo in questi ultimi giorni. Oppure tocca tornarci. Tocca.
Spero vi siano piaciuti questi piccoli racconti dalla Norvegia! Io starò a Tromso ancora 2 giorni prima di rientrare a casa. Mi mancherà la tranquillità di questa cittadine con vibes di montagna, ma almeno tornerò in un posto con qualche grado in più :)
Noi ci sentiamo l’anno prossimo!
(Dico questa battuta ogni anno ma non fa mai ridere).
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Bellissima narrazione e riflessione davvero interessante quella sul cielo e sullo sguardo che gli volgiamo dalle ordinarie (e grigie) città. Ho avuto uno stesso pensiero grazie alle nuvole, dopo aver letto un libro di Thich Nhat Hanh 🤍 Un abbraccio!
La battuta dell’anno la faccio anche io. A me ha fatto sorridere.
Bei posti sicuramente molto diversi dai nostri ma credo molto affascinanti.