La famiglia del Mulino Bianco è morta
E con lei anche gli influencer e le aziende che fanno attivismo ma non ci credono.
Da qualche mese la figura dell’influencer è in declino, se non in completo collasso.
Se nella storia la famosa “goccia che fece traboccare il vaso” viene attribuita all’attentato dell’arciduca Francesco Ferdinando, il pandoro-gate di Chiara Ferragni è un po’ il casus belli dei giorni nostri.
In realtà però si tratta appunto di una goccia, dato che il vaso era già colmo da parecchio tempo.
Negli anni infatti il pubblico è stato trattato come una mucca da mungere, come un fantoccio a cui propinare sempre le stesse cose, sempre più patinate, sempre più finte, nella speranza che durasse in eterno.
Ma niente dura per sempre, anzi, le abitudini nel mondo dei social sono tra gli elementi culturali più mutevoli e imprevedibili.
Proprio per questo, una cosa che andava bene un po’ di anni fa è facile che oggi venga vista come sbagliata (e magari viceversa), e se chi comunica non ha il polso della situazione ed eccellenti doti di social listening rischia di rovinarsi la reputazione.
E indovinate un po’?
Sono in pochissimi gli influencer con buone capacità comunicative, tanto che spesso l’intera categoria viene additata di essere completamente distaccata dalla realtà, con l’hashtag #influcirco a certificare questa percezione.
E negli ultimi mesi questo trend si è fatto sempre più intenso e capillare, tanto che appunto gli influencer così come li conosciamo non so se avranno una vita ancora tanto lunga.
Un tweet che in questi giorni mi ha colpito diceva una cosa come: “avete notato che da quando le famiglie degli influencer sono in declino, quelli sopravvissuti specificano di continuo di non essere “la famiglia del Mulino Bianco”?”.
L’autore del tweet non ha fatto altro che confermare quanto scritto nel primo paragrafo: gli stessi influencer stanno cercando di allontanarsi dalla figura standard dell’influencer, perché hanno visto la fine che hanno fatto i loro colleghi e non vogliono seguirli a loro volta.
Se due famiglie Mulino Bianco seguitissime come quella dei Ferragnez e Campello-Morata si lasciano, anche il concetto stesso della “famiglia Mulino Bianco” perde il suo fascino comunicativo, perciò tutti gli altri influencer si allontanano da quel tipo di messaggio per continuare a racimolare i consensi del pubblico che ha spostato gli occhi su altri messaggi.
Un commento un po’ acido in risposta al tweet che ho appena citato diceva: “in natura i parassiti si adattano subito al cambiamento”.
Certo, il termine parassita ha un’accezione negativa e in realtà, usato in questo contesto, è anche concettualmente errato, però ci dà un interessante spunto di riflessione.
Correggiamo un po’ il tiro: la parola più giusta per descrivere il rapporto tra influencer e utenti è mutualismo.
In natura i coccodrilli non masticano il cibo, inghiottono la loro preda che poi viene digerita solo una volta nello stomaco. In questo processo, dei pezzi di carne della vittima rimangono incastrati tra i loro denti.
È allora che entra in gioco un fattore esterno: delle particolari specie di uccellini intervengono, mangiando i rimasugli nella bocca che altrimenti potrebbero causare infezioni.
L’uccellino quindi si procura del cibo (e non viene mangiato), mentre il coccodrillo rimane con la bocca pulita.
È la classica situazione win-win, tutte le parti coinvolte ottengono dei benifici. Si tratta appunto di mutualismo.
Lo stesso avviene sui social: gli influencer vedono il proprio engagement aumentare e con esso più possibilità di lavoro e di guadagni, dall’altra parte gli utenti hanno dei profili che li intrattengono tutti i giorni della loro vita. Win-win, circa.
Il pubblico però è il fattore senza il quale niente funzionerebbe, proprio per questo è fondamentale che venga soddisfatto, in termini di contenuti e di forma degli stessi.
Se la tematica dell’inclusività di genere diventa centrale nelle conversazioni, anche gli influencer devono essere, o almeno sembrare, attenti a questo tema.
Se nel mondo c’è qualche guerra, anche gli influencer devono prendere posizione e schierarsi politicamente a sostegno della giusta fazione.
Già, si pretende che chi è diventato famoso mostrando dei prodotti di bellezza poi sia competente e in grado di parlare in maniera consapevole di un tema su cui non sa nulla.
Per accontentare questa dinamica è necessario allora che tutti siano esperti di tutto, tutti devono prendere una posizione per non perdere la rilevanza nelle conversazioni, è sempre un “anche io, anche io, anche io” per paura di essere dimenticati e che un altro influencer diventi più seguito.
Lo stesso avviene anche per le aziende: Matteo Flora ha pubblicato uno sconcertante comunicato di Harley-Davidson, in cui annuncia che smetterà di sponsorizzare iniziative di inclusione ed essere attenta sul tema.
Mentre lo leggevo, nella mia testa si formava l’immagine di un pesce che, ingolosito dal vermicello appeso a un’esca, si fa pescare. Dal secchio in cui viene messo riesce a scappare e ritornare in acqua, dove però viene subito mangiato da un altro pesce più grande.
Una scena molto fantozziana, ma che descrive molto bene ciò che è successo con Harley-Davidson.
La scelta iniziale di adottare un registro comunicativo che risultasse inclusivo a tutti i costi (anche per un pubblico potenzialmente non in linea con il prodotto) è risultata una forzatura enorme che ha fatto storcere il naso al suo pubblico storico e fidelizzato.
Ma il vero danno poi è stato allontanarsi da quei valori per ritornare sui propri passi, dimostrando che non erano valori ma solamente una scelta vincolata a meri interessi economici e che delle minoranze non gli interessasse poi granché.
I valori sbandierati sui social, che siano della famiglia Mulino Bianco, che siano di sostenibilità, inclusività e le mille altre cose che abbiamo visto in questi anni non attecchiscono più, non fanno più presa, anzi, puzzano di vecchio, di istituzionalità, di “dobbiamo farlo perché il pubblico se lo aspetta da noi, ma in realtà non ce ne frega niente”.
E a noi utenti cosa rimane?
Dei contenuti finti che non si allontanano più di tanto da quelli patinati che vedevamo una volta, dato che in entrambi i casi si voleva dipingere una realtà che realtà non era.
Ma appunto non funziona più: il pubblico per fortuna però sta diventando sempre più consapevole, e gli unici influencer (e aziende) che si salveranno saranno quelli più genuini e che incarnino per davvero i valori che tanto decantano.
Ed è l’unica strada, perché tanto prima o poi la maschera è destinata a cadere.
Vuoi provare a vedere il mondo da un’altra prospettiva?
Sai per esempio come sarebbe la cartina del mondo con una vista argentino-centrica?
Oppure quanto sarebbe grande l’impero romano paragonato agli USA?
Un thread di 24 mappe prova a farci vedere le cose in un altro modo.
“Ho sentito dire che…”
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Come capire se stai leggendo una bufala o se la fonte è affidabile?
Ecco una piccola guida per provare a fare debunking in maniera autonoma.
“If zero’s not the start, truth falls apart”.
Come non farti ingannare da grafici che vogliono ingannarti?
Questo video mostra come è fondamentale che lo 0 sia il punto di partenza.
Per oggi è tutto, ci sentiamo come al solito giovedì prossimo :)
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Ome sempre, riflessioni molto interessanti. Speriamo che le aziende tornino presto a focalizzarsi su ciò che motiva la decisone di acquisto di un prodotto o servizio. Il successo di un’azienda è determinato dalla qualità, tra gli altri, e della rispondenza dei valori al target a cui si rivolge. Questa è l’etica e la coerenza che ci aspetta da un’azienda che vuole stare sul mercato. Vediamo…
Leggendo il tuo articolo ho pensato, che stia per finire anche l’era dell’esperto?