Vi siete mai accorti di come alcuni problemi siano costantemente sotto l’attenzione di tutti e poi puff… dopo un po’ nessuno ne parli più?
Avevo trovato un grafico interessante su Twitter: dal 2015, per circa 6 anni, si è parlato insistentemente del declino dell’aspettativa di vita negli Stati Uniti.
Il calo è stato significativo fino al 2020, accelerato poi dal COVID nell’anno successivo, diventando uno dei temi più discussi negli US.
Poi, improvvisamente, non si sono più sentite notizie a riguardo.
Non è successo propriamente in maniera “improvvisa” però.
Il motivo è stato molto semplice: non se n’è più parlato perché, nel 2021, il trend ha invertito la rotta e l’aspettativa di vita è tornata ad aumentare raggiungendo il picco di sempre nel 2023.
È uno dei casi più evidenti del bias di negatività, dinamica per cui, quando un fatto negativo inverte la sua tendenza, non fa più notizia.
“Le persone si accorgono delle buche sulla strada perché peggiorano il loro viaggio in macchina, ma non notano quando vengono riparate perché il tragitto torna semplicemente ad essere normale” scrive un utente sotto al post originale.
Ma io preferisco la versione “non ti accorgi di quanto respiri bene finché non ti si tappa una narice”.
C’è un libro che parla specificatamente di questo fenomeno, il famosissimo Factfulness.
Per me è stato un libro illuminante, molto più motivazionale dei libri sulla crescita personale: è un manuale che racconta come analizzare i dati, cercando di vederli in maniera più oggettiva possibile considerando anche il contesto degli stessi.
Proprio per questo, sulla copertina c’è scritto “le cose vanno meglio di come pensiamo”.
Esempio molto semplice: se leggiamo che in alcuni paesi del mondo stanno morendo i bambini, la notizia a primo impatto può allarmarci e penseremmo immediatamente che il mondo faccia schifo.
Guardando meglio i dati però scopriremmo che i bambini che oggi perdono la vita sono meno di un anno fa, molto meno di 5 anni fa, estremamente meno di 30 anni fa, infinitamente meno di 100 anni fa.
L’esempio che ho fatto chiaramente era un’estrema semplificazione, ma utile per capire quello che sto dicendo.
Un altro esempio lo traggo da un fantastico video di NovaLectio che parla di Milano.
Va “di moda” dire che Milano è una città poco sicura, moda confermata anche dalle statistiche che confermano abbia il più alto tasso di denunce rispetto al numero di abitanti.
Quello che si ignora è che Milano è un posto estremamente di passaggio, per motivi lavorativi, di studio, turistici: le stesse persone che di giorno entrano nella città per i più disparati motivi, alla fine della giornata tornano fuori comune, o addirittura provincia, dove hanno la loro residenza.
Ed ecco che allora i numeri cambiano: dai circa 1,4 milioni di residenti nel comune, si può arrivare a 2,5 milioni (se non addirittura 3) di persone che entrano a Milano durante il giorno. La percentuale di crimini quindi prende tutta un’altra forma.
Quello che ci frega però è la percezione e il sentito dire: se vediamo con i nostri occhi che viene commesso un crimine o sentiamo un amico che ce lo racconta, sarà più facile che ingigantiremo il fenomeno.
“Questa cosa è vera, è successa anche a me”.
“Conosco qualcuno a cui è successo”.
Quante volte diciamo o sentiamo queste frasi?
Eppure è molto semplice: la nostra personale esperienza non è un campione statistico rilevante e non influenza in alcun modo i grandi numeri.
È proprio per questo che, come spiegato su Factfulness, dovremmo vivere la vita in maniera più oggettiva, senza farci prendere da isterismi e senza credere nei titoloni.
Perché ci sono tante cose che si possono migliorare, certo, ma stiamo meglio oggi rispetto a 50 anni fa.
È la realtà, spesso, è molto meglio di quello che crediamo.
Dopo la morte del cantante Liam Payne si è parlato davvero tantissimo di lui.
Come avviene ogni volta che muore una celebrità, i follower sui suoi profili hanno subito un’impennata e i post di apprezzamento nei suoi confronti sono stati tantissimi (nonostante da vivo non è che fosse una persona fantastica).
Ma perché siamo “ossessionati” dalla morte delle celebrity? Un articolo di Dazed affronta il fenomeno.
Trump ha vinto le elezioni.
In questi giorni avevo visto un thread incredibile che analizzava come il colore del suo volto cambiasse intensità di arancione in base a quanto fosse stressato e alla vicinanza di un’elezione.
Il primo post del thread è questo, vi consiglio di scorrere anche quelli sotto e di leggere le varie immagini.
Sempre a proposito di Trump, un altro video folle mostra come ci sia una correlazione tra i supporter del nuovo presidente americano e tra i fan di Cristiano Ronaldo.
Se sei di destra è più probabile tu sia un fan di Ronaldo, se sei di sinistra sarai fan di Messi.
Se sei religioso è facile tiferai Ronaldo, se ateo Messi.
Se pensi che Ronaldo sia meglio di Messi è più facile che crederai alle teorie complottiste.
Vi lascio qua il video che mostra anche i grafici, buon viaggio.
In questo momento vi scrivo da Praga, sono andato a prendere un po’ di freddo e a bere un po’ di birra.
Ci sentiamo come sempre giovedì prossimo :)
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Bellissima, come sempre! ;)
Fantastico, come sempre!!!