Questo Black Friday compra dei libri
Anche se poi non li leggi, tu accumulali, riempi la libreria. In Giappone dicono sia una cosa positiva.
“Toh, guarda questo libro in sconto, aspetta che lo aggiungo al carrello”.
Frase detta da me, in questi giorni di sconti, prima di girarmi e vedere la mia libreria brulicante di libri che sono là da anni e non ho mai letto.
Già, sono una di quelle persone che non legge tanto ma a cui piace il concetto di avere dei libri a disposizione per il futuro.
O meglio, questa è l’accezione positiva che ho sempre cercato di darmi, ignorando probabilmente le dinamiche di “FOMO letteraria“ e di accumulatore di libri.
Da quello che ho potuto vedere, però, l’acquisto compulsivo di libri è una cosa che accomuna un po’ tutti, uno di quei fatti che quando vieni a sapere pensi “viviamo tutti la stessa vita“.
Di recente mi sono imbattuto in un concetto giapponese che mi ha dato una nuova chiave di lettura.
“Tsundoku”, è un termine che descrive l’abitudine di acquistare libri e accumularli.
In Giappone ha un’accezione positiva: i libri sono simbolo di saggezza e cultura e quindi, anche solo averli e non leggerli, può essere vista come una forma di aspirazione intellettuale.
Adoro quando qualcosa mi fa cambiare prospettiva e mi spinge a leggere la stessa cosa in maniera differente: ecco così che una libreria piena di libri non letti non rappresenta un monumento alla procrastinazione, ma un piccolo santuario delle possibilità.
Taleb ha coniato un concetto che riprende lo Tsundoku giapponese, ossia l’”antibiblioteca”: una collezione di libri non letti sta a significare quanto ancora possiamo imparare.
È un atto di umiltà intellettuale che dichiara “non so ancora tutto, ma potrei saperlo un giorno”.
In una vita frenetica, questo concetto potrebbe essere una sorta di àncora di salvezza, un promemoria che non tutto deve essere una check-list da smarcare il più in fretta possibile.
“Tsundoku” in qualche modo è un inno alla calma consapevole, una tranquillità basata sul fatto che abbiamo tante possibilità a disposizione, una presa di coscienza che il nostro piede potenzialmente potrebbe essere messo in più scarpe.
Mi piace pensarla come una promessa che facciamo ai noi stessi del futuro, l’eredità di una calma che disperatamente cerchiamo in tutta la nostra vita e che possiamo ritrovare solo nelle piccole cose come questa.
O magari è solamente il prodotto del turbo-capitalismo, che ci fa sentire meno in colpa se durante il Black Friday compriamo un libro invece dell’ennesimo dispositivo tecnologico di cui non avevamo assolutamente bisogno.
Ok, forse sul finale ho rovinato tutto, ma in qualsiasi caso vi consiglio un po’ di Tsundoku in questi giorni di sconti.
Mi prendo un po’ di spazio per una polemica (strano, eh) che potrà risultare anche impopolare.
Qualche giorno fa c’è stata la giornata contro la violenza sulle donne, ma quella che è sembrata a me è stata la “giornata degli slogan”.
Come accade sempre quando c’è risonanza mediatica verso un certo argomento, la sua deriva naturale è anche un coinvolgimento di interessi economici.
È così che i brand, per l’occasione, realizzano campagne di sensibilizzazione con i loro loghi enormi, creando comunicazioni pacchiane e superficiali, con parole e frasi viste e riviste.
Ed ecco che viene creato il pacco di pasta con su scritto “BASTA”.
Mio dio… Come può questa cosa essere utile alla causa?
Quello che percepisco io è un posizionamento forzato di brand che non c’entrano nulla, in un contesto che invece avrebbe estremamente bisogno di credibilità e concretezza.
Anche perché poi, allargando il discorso, si rischiano di creare campagne disastrose come il rebranding di Jaguar, che con colori sgargianti e persone vestite in maniera fancy ha provato a strizzare l’occhiolino verso un certo tipo di pubblico, ignorando di fatto i propri valori, la propria storia, e andando incontro a un suicidio commerciale.
Le campagne di sensibilizzazione, di inclusività e di sostenibilità devono provenire da chi è credibile (e magari anche da chi le sa fare), perché altrimenti si rischia di banalizzare temi che di banale non hanno assolutamente nulla.
E ci fanno credere che basti un segno rosso sulla faccia dei calciatori per risolvere un problema del genere.
Per combattere i video brevi e allenare la concentrazione distrutta dai social, le mie pause pranzo/cene sono sempre accompagnate da video lunghi (sì, la situa è questa).
Uno di quelli che più mi è piaciuto nell’ultima settimana è di Barbascura X che tra scienza, intrattenimento e divulgazione parla della teoria del grande filtro, pensata da Fermi e che ipotizza, tra le varie cose, che siamo soli nell’universo.
Ve lo consiglio vivamente, anche perché è pieno di riflessioni profonde sulla psicologia umana, soprattutto nel finale. Lo trovate qua.
Cosa fa funzionare una newsletter?
Dalla costanza, alla cura ai dettagli, alla velocità di esecuzione, all’allenamento, al piano a lungo termine… Tutti elementi fondamentali, raccontati in questa lunga ma incredibile newsletter.
PS: ho trovato molti punti in comune anche con la creazione più generica di contenuti social, quindi anche se non siete direttamente nel mondo delle newsletter vi consiglio una lettura.
Ma chi c’è dietro quelle immagini generate dall’intelligenza artificiale che si trovano su Facebook con migliaia di like, pubblicate da pagine come “Gesù ti amo”?
Un thread analizza il fenomeno, e tutti i pericoli che si possono incontrare se si interagisce, se ci si iscrive a certi gruppi e se si entra poi nei gruppi Whatsapp collegati.
Volevo dare il benvenuto a tutti i nuovi iscritti: come avete potuto vedere, qui parlo di un sacco di cose digitali, dall’attualità, ai trend, alla psicologia nella comunicazione, fino a momenti più di crescita personale. Un po’ di tutto, in comodi fagiolini verdi.
Eeeeeeeeeeed è tutto guys, come sempre ci vediamo il prossimo giovedì :)
PS: se la newsletter ti piace metti un cuoricino qui sotto!
Pratico lo Tsundoku da un po’ di tempo a questa parte ;)
Personalmente la mancata capacità di concentrarmi è una roba che mi demoralizza da morire ma, contestualmente, non faccio nulla per gestirla in quanto la sera ho bisogno di "lobotomizzarmi" guardando reel per non pensare. E sì, continuo a comprare libri che non leggo, ma lo faceva anche Giacomino Poretti in Tre uomini e una gamba, la mia è solo emulazione.
Vivo sicuramente il migliore dei miei mondi possibili!
Ciao Matti, buon weekend