Vi racconto una settimana negli Emirati
Grattacieli, caldo e opulenza: vi racconto cosa ho visto.
Questa è una newsletter diversa dal solito.
Ho appena passato una settimana tra Abu Dhabi e Dubai e ho sperimentato in prima persona che gli Emirati Arabi sono un mondo molto particolare, con alti e bassi, chiari e scuri.
Una cosa è certa, sono una realtà completamente diversa dalla nostra, totalmente nuova, a misura di macchina, con un clima torrido.
In una settimana ho potuto vedere tante cose, che ho cercato di racchiudere in 6 punti.
Puoi leggere la newsletter con due ordini differenti:
a) con l’ordine standard, cioè come l’ho scritta io.
b) in ordine cronologico, in base a quando li ho vissuti, seguendo questi numeri: 6, 1, 4, 2, 3, 5.
1. Negli Emirati fa caldo.
Durante i periodi estivi la temperatura supera tranquillamente i 40°, questa estate si sono registrati dei picchi anche di 50/52.
A ottobre, nonostante sia sicuramente meno caldo, c’è comunque una temperatura molto alta, da estate italiana, quindi 30/35 gradi.
Il problema è che la temperatura percepita è molto più alta: per esempio in questi giorni 30° gradi effettivi venivano percepiti come 43.
Di conseguenza, se non ci fosse l’aria condizionata sarebbe impossibile vivere.
Fatto sta che gli arabi hanno preso questa cosa come se fosse la loro missione di vita: ogni posto, locale, zona dedicata all’accesso umano ha una temperatura siberale, con uno sbalzo termico enorme tra dentro e fuori.
Capisco che si voglia trovare la sensazione di benessere quando dopo una camminata nel caldo infernale dei marciapiedi finalmente si entra nel paradiso fresco di un ristorante, ma alcune situazioni mi sono sembrate al limite del ridicolo.
Un esempio? La Gran Moschea dello Sceicco Zayed, edificio maestoso voluto dallo sceicco che ha creato gli Emirati.
Questa struttura è aperta, ma ci sono alcune sale isolate dal caldo torrido esterno: in una di queste, contenente tre lampadari da diverse tonnellate di oro 24 carati e a terra il tappeto più grande al mondo, c’è l’aria condizionata sparata a palla.
Il discorso è che la sala in questione ha i soffitti alti 30/40 metri e le porte costantemente aperte. E mi chiedo: ma quanta energia stanno sprecando?
La sensazione che mi genera non è rabbia, ma demoralizzazione: noi stiamo attenti ad appiattire nel modo corretto le bottiglie di plastica, e qua invece sprecano tutte queste risorse per niente?
Che senso hanno i nostri “sacrifici” se poi dalle altre parti del mondo se ne fregano di tutto?
2. Ad Abu Dhabi c’è il Louvre.
Ok, ora vi spiego con una long story short.
Le città emirate fino a metà del 1900 non esistevano, o meglio, vivevano di pesca e quindi non erano rilevanti nel panorama mondiale. Poi però, tra il ‘50 e il ‘70, hanno scoperto il petrolio e nel giro di pochi anni sono diventati ricchissimi.
Diventando ricchi (ma proprio ricchi da far schifo) nel tempo hanno fatto di tutto per portare su di loro i riflettori del mondo occidentale, stanziando investimenti clamorosi per recuperare il divario sociale e culturale.
Per quello, se pensiamo alle città degli Emirati, la prima cosa che ci viene in mente è la parola OPULENZA.
E se da una parte hanno appunto seguito la strada del lusso per colmare il divario sociale e rendere le città delle perle con grattacieli altissimi e strutture faraoniche, dall’altra parte hanno investito anche sulla cultura.
E qui arriviamo al Louvre: costruire un brand, in generale, è un’impresa mastodontica che necessita di anni di lavoro e di una barca di soldi. Gli Emirati hanno perciò avuto la geniale idea di acquistare un brand già esistente, famoso e rinomato in tutto il mondo.
Nel 2017 quindi hanno speso 600 milioni per costruire l'edificio, oltre 500 per acquistare la concessione del nome del Louvre (solo per il permesso!!!), e altri 750 per farsi prestare opere da tutto il mondo.
Un investimento mastodontico che però attira tantissimi visitatori già solamente per il nome altisonante.
E qui passiamo alle opere: ci sono pezzi da tutto il mondo, un Da Vinci, dei Monet, un Magritte, delle statue dell’Antico Egitto, delle pergamene giapponesi, ecc ecc ecc……….
Come l’ho percepito io però è che c’è un "tanto di tutto" messo senza un particolare filo logico o narrativo, ma solamente come una raccolta di figurine di calciatori. Pezzi belli da tutto il mondo, ma senza del collante che li amalgami tra loro raccontando una storia o dei concetti.
Peccato. È la dimostrazione che i soldi possono comprare le cose, ma non la storia vera.
3. A Dubai c’è la torre più alta del mondo.
È il Burj Khalifa, alto oltre 800 metri e con 163 piani.
Ma di fianco c’è anche il centro commerciale più grande al mondo, la fontana più grande al mondo, il parco acquatico più grande al mondo, qui praticamente ci sono tutte le cose più grandi al mondo.
Te ne accorgi anche solo vedendo la città in lontananza: la quantità di grattacieli mi ha letteralmente sbalordito, uno di fianco all’altro, uno più alto dell’altro.
Sembra di essere sul set di un film, dove tutto è esagerato e portato al limite.
Quella che è la mia percezione però è che sia una bellezza di facciata e che la città sia stata costruita con un mood wannabe-occidentale, nel senso che stanno facendo di tutto per sembrare una grande città europea/statunitense, ma col deserto intorno e migliaia di cantieri a cielo aperto.
Un po’ come quando vediamo quelle cose patinate ma di cui ormai siamo stati talmente tanto bombardati e abituati che non ci fanno più impressione e non ci fanno più dire “wow”.
Chiaramente l’imponenza del Burj Khalifa fa venire le vertigini, ci mancherebbe altro, ma tutto il contesto sembra una caricatura.
Avete presente i set dei vecchi film western, dove in realtà le case erano di cartone e dietro non c’era nulla? Ecco, stessa percezione.
Purtroppo sono stato a Dubai troppo poco per avere un parere più profondo, però a pelle la mia impressione è stata questa.
4. Negli Emirati c’è un bel fuso orario.
Ok, so di non essere il primo a scoprirlo.
Me ne sono però reso conto in questi giorni, alternando vacanza e lavoro.
Appena arrivato infatti ho lavorato un paio giorni prima di rilassarmi e staccare completamente, e mi sono reso conto di quanto solamente due ore possano fare tutta la differenza del mondo.
La mia routine in Italia non è quella di una persona troppo mattiniera: tendenzialmente mi sveglio verso le 8/8:30 di mattina cominciando a lavorare intorno alle 10.
Adottando gli stessi orari negli Emirati le mie abitudini sono rimaste le stesse, ma mi sono ritrovato in “vantaggio” di due ore rispetto all’Italia.
È stato fantastico dato che, lavorando con il mercato italiano, in quel lasso di tempo potevo già programmare delle mail e preparare dei contenuti con tutta la calma del mondo.
Inoltre, è successo che trascorressi una giornata in giro in mezzo al deserto senza connessione a internet e, una volta arrivata sera, avessi voglia di condividere qualcosa sui social. Fossi stato in Europa magari sarebbe stato troppo tardi (non condivido se so che le persone non sono collegate); stando negli Emirati invece, anche se l’orologio segna le 22, in Italia sono le 20 e quindi non c’è problema a caricare storie o post.
Insomma, se si lavora nel digitale e si vuole passare del tempo qua, il fuso orario è sicuramente molto favorevole!
5. Già, non riesco a godermi le vacanze
Quando mi prendo una pausa dal lavoro, resisto al massimo 5 giorni, poi mi viene l’ansia.
E poco importa se mi sono organizzato in anticipo con i vari lavori, dopo un po’ mi sento comunque in ritardo, che devo rincorrere qualcosa.
Mi è successo proprio durante questa settimana: i primi giorni sono andati bene ma poi boom, è arrivato il “crollo”.
Ogni volta che controllavo il telefono c’erano nuove mail, messaggi di lavoro nelle varie chat, scadenze che si avvicinano. Una continua guerra contro il tempo, alla quale in certi momenti sentivo di non poter vincere.
“Te lo sei scelto tu questo lavoro”.
Certo, so che lavorare nel digitale mi permette di gestire il tempo come preferisco, ma la vita da freelance e imprenditore implica anche tante responsabilità.
Più facciamo e più ci viene da fare, soprattutto se i progetti funzionano e se vediamo un ritorno concreto dalle nostre azioni.
Ma questa continua voglia di fare sempre di più, spesso si rivela un’arma a doppio taglio, perché le cose non si fanno da sole e a volte delegare non è così semplice. E quindi mi ritrovo in giro per il mondo a tirare fuori il PC e a rispondere alle mail in sospeso, solo per poi vivere più sereno i momenti di vacanza residui.
E in realtà so di non essere il solo a provare questa sensazione, tutti i freelance sono più o meno su questa barca.
Ciò che però poi mi fa stare meglio è il pensiero che questo stimolo derivi dal fatto che in realtà amo ciò che faccio. Dovrei solo essere meno duro con me stesso.
6. Bonus: quando sono partito da Bergamo era brutto.
Erano le 8 di mattina e le nuvole e la classica nebbiolina rendevano tutto bianco.
Il decollo è stato un po’ agitato, l’aereo traballava. Viaggiavo con Wizz, quindi in realtà non mi sentivo nemmeno troppo al sicuro.
Dopo qualche minuto di turbolenze, improvvisamente, l’aereo ha tagliato le nuvole e sfrecciato proprio al sopra di esse, rivelando un cielo azzurrissimo e il sole che era già sorto da un po’.
E mentre volavamo sopra alle nuvole ho fatto una riflessione (ormai vedo del romantico un po’ in tutto, sarà che dopo tutte queste newsletter sono allenato).
Molto spesso dietro le nuvole si nasconde il cielo sereno.
E se le nuvole possono sembrare (e magari essere) delle difficoltà, sta a noi cercare di superarle. Anche perché non ci sarà nessuno che lo farà al posto nostro.
Ecco, non sono un sostenitore che tutto è possibile e che “se vuoi puoi”, ma so per certo che senza volontà niente di ciò che facciamo è possibile.
Se l’aereo non avesse continuato a sfrecciare, non avrebbe mai superato la barriera delle nuvole.
E noi solamente continuando a correre possiamo provare a raggiungere i nostri obiettivi.
E oggi è l’ultimo giorno negli Emirati, stasera tornerò a Milano.
Piccolo esperimento in questa newsletter: mi accorgo che spesso faccio tante cose ma non le racconto mai, che siano esperienze lavorative o vacanze. Spero che questo tipo di format sia stato interessante :)
PS: se la newsletter ti piace metti un cuoricino qui sotto!
L'aspetto che più mi ha colpito nella tua newsletter é lo spreco di risorse di cui parli. Ho spesso la sensazione che, tentare di essere sostenibile, sia uno sforzo che accomuna una piccola fetta di umanità. Troppo piccola per fare la differenza. Con questo non voglio dire di avere la tentazione di mollare, tutt'altro. Però mi arrabbio molto ogni volta che in una stanza di albergo non ho la possibilità di differenziare i rifiuti, oppure quando in una splendida spiaggia non trovando neppure un cestino, mi riporto a casa immondizia e mozziconi di sigaretta, quando entro in case o locali pubblici con 27 gradi in pieno inverno. A Stoccolma ad esempio, ti fanno pagare un extra per pulire la stanza d'albergo quotidianamente (per questioni di impatto ambientale) poi in quella stessa stanza la notte dormi con la finestra aperta per non soffocare. Gli esempi da fare sarebbero molti.... credo ci sia ancora tanta strada da fare. Spero che, nell'attesa, il nostro pianeta tenga duro!