“È strano l'amore ci imbarazza,
chi lo mette in piazza di solito
pensa a quanto mette in tasca”
Così cantava Marracash una decina di anni fa.
Una sorta di profezia, uno spaccato di quello che gli influencer già erano all’epoca, ma un ritratto concreto di ciò che sono diventati un po’ di anni dopo.
Il gossip è da sempre uno dei meccanismi che spinge l’essere umano a socializzare e che ci ha permesso di creare la società odierna.
Sapere ciò che fanno i nostri “vicini di casa” da una parte ci incuriosisce e vogliamo saperne di più solo per il gusto della curiosità. Dall’altra parte però ci fa sopravvivere: se i vicini in questione stanno tramando qualcosa nei nostri confronti, saperlo in anticipo può permetterci di prepararci e di non soccombere.
Nei secoli quindi tutto questo chiacchiericcio si è sviluppato sempre di più, fino a diventare oggi uno dei temi più centrali nelle nostre vite (se non IL più centrale).
Esiste ancora a livello “fisico”, con il gossip di quartiere, ma ha trovato un terreno estremamente fertile a livello digitale: è proprio per questo che figure come gli influencer sono diventate dominanti all’interno della nostra cultura.
In passato, infatti, per sapere qualcosa su qualcuno dovevamo affidarci al passaparola, al sentito dire, a quello che era un telefono senza fili nel quale venivano persi dettagli e informazioni.
Con i social invece è cambiato tutto: non ci sono più telefoni senza fili, non ci sono più “buchi di informazioni”. Se vogliamo sapere un gossip su un determinato influencer è proprio lui che ci racconta direttamente la sua vita, anche i minimi dettagli.
Ci racconta la sua quotidianità, le sue passioni, la sua famiglia, i suoi amori…
Ma perché lo fa? Perché si mostra così tanto, rivelando la sua intimità ed esponendosi anche a eventuali critiche?
Beh, indovinate un po’: perché è il suo lavoro.
Tutto questo storytelling gli permette di strumentalizzare la propria vita per guadagnare grazie ai contenuti sponsorizzati: le varie aziende pagano per apparire all’interno della quotidianità dell’influencer e fare in modo che le persone che li seguono vengano appunto “influenzate” dai contenuti e comprino i prodotti o servizi.
E fin qui non c’è nulla di male (non troppo almeno): la pubblicità esiste da sempre e questo è un “nuovo” modo di farlo, in linea con le nuove tecnologie.
Il problema vero è un altro.
Le figure degli influencer, infatti, esistono ormai da talmente tanto tempo che ci siamo abituati al loro modo di comunicare e ci siamo stancati.
Siamo stufi di vedere contenuti patinati estremamente lontani dalla nostra quotidianità, siamo stufi di vedere una perfezione che non rispecchia la nostra vita.
Gli utenti vogliono vedere cose genuine!
Detto fatto: una volta che gli influencer hanno capito questa nuova esigenza del mercato hanno adottato uno stile comunicativo più naturale, più sincero, più umano.
È stato quindi normalizzato parlare sui social delle proprie difficoltà e la salute mentale è diventata un tema centrale: improvvisamente tutti hanno problemi e traumi da raccontare al proprio pubblico.
Da una parte è sicuramente utile sensibilizzare su un tema storicamente poco dibattuto e, anzi, rinnegato dalle scorse generazioni. La salute mentale infatti è sempre stata un tabù.
Però non trovate ironico che proprio nel momento in cui parlare di questo tema ha cominciato a portare numeri ed engagement sempre più alti, sempre più influencer si siano esposti mostrando a loro volta quel proprio lato e rendendo la salute mentale centrale nella propria narrazione?
Si tratta di voglia di sensibilizzare, oppure si è fiutato un nuovo possibile tema da strumentalizzare e spremere?
Non voglio addentrarmi più di così in questo terreno minato, quello su cui voglio concentrarmi oggi è sulla dinamica che avviene quando qualcosa “funziona”.
Mostrare le proprie debolezze vende? Bene, per vendere di più bisogna alzare sempre di più l’asticella, bisogna stupire sempre di più il proprio pubblico, bisogna differenziarsi dai competitor mostrando le proprie debolezze in maniera sempre più impattante.
Ed ecco che arriva la ragazza che si riprende piangendo mentre si sfoga dicendo che non può raggiungere i suoi sogni, che è schiacciata dalle aspettative sempre più alte imposte dalla società e bla bla bla.
Sfogo estremamente comprensibile, in cui milioni di giovani si rivedono e per il quale purtroppo la situazione non fa che peggiorare.
Se non fosse che la ragazza in questione (che si era fatta il video piangendo) in realtà non era genuina ma stava cercando di attirare l’attenzione di altri ragazzi in difficoltà ai quali vendere un corso di crescita personale.
Che schifo.
Avete visto cosa è successo qui? Ancora una volta è stato sfruttato l’interesse delle persone per degli obiettivi commerciali.
Anzi, ancora peggio: si è fatto leva sui problemi di un pubblico estremamente debole e in difficoltà per raggirarlo e vendere qualcosa.
In pratica si è seguito lo stesso modus operandi di Wanna Marchi: vendere un corso di dubbia qualità sulla crescita personale a delle persone in difficoltà è un po’ come vendere le boccette della fortuna a dei disperati.
Il motto di Wanna Marchi era (cito testualmente) “i coglioni vanno inculati“, e mi sembra che nell’era dei social l’attitudine di alcuni influencer non sia affatto cambiata.
Perciò il mio consiglio è di mettere sempre in dubbio ciò che si vede sulle varie piattaforme: se è troppo patinato o se sembra “troppo umano” è probabile che sotto sotto ci sia qualcosa che non va.
Meno lacrime sui social e più genuinità, solo così si possono aiutare VERAMENTE le persone in difficoltà.
Come ingannare qualcuno sfruttando un grafico? Basta “manipolare” l’asse Y.
Se non c’avete capito niente, guardatevi questo video e capirete.
Ah, e la pagina ha caricato altri video super interessanti sui grafici, check it out!
Sono ufficialmente tornato operativo post ferie in Malesia/Singapore pronto a sfornare un sacco di nuove newsletter, ci sentiamo il prossimo giovedì :)
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Sempre interessante e utile. Purtroppo la salute mentale é strumentalizzata e se ne parla male
Rage Mattia è la nuova versione preferita.
Non serve aggiungere altro, nutro già abbastanza nervoso per queste situazioni, ma grazie per esserci.