Wow, che scorpacciata di parole sensate! Mentre ti leggevo una frase risuonava in me "andrà tutto bene", frase storica appesa ai balconi, cantata, tatuata, sputata e masticata e nata in uno dei periodi più tragici dell'ultimo decennio (pandemia covid). Da lì a cascata è nata la narrazione bulimica, fatta da contenuti di riempimento facili e superficiali per non sentire e non vedere cosa accadeva realemente. Un rifugio in cui creare l'ennesima comfort zone mentale, l'ennesima giustificazione, l'ennesima maschera.
C'è una frase che nel settore dei tech guys è molto spinta a livello aziendale, spesso a Maggio che è il Mental Health Awareness Month. È quella solita "it's ok not to be ok". Che a me in ambito aziendale mi dà un po' fastidio perché sembra di voler togliere all'azienda la sua responsabilità nel benessere del lavoratore. E spesso volentieri lo scrivono/dicono mentre dietro le quinte fanno layoff massicci...
Grazie delle riflessioni settimanali, sempre molto interessanti e piene di spunti.
Un paio di considerazioni derivanti dalla mera curiosità verso l'argomento e da intendere come ulteriore spunto di riflessione:
1. Premesso che il troppo stroppia in quasi ogni circostanza, siamo sicuri che lo svuotamento di significato dei contenuti sia frutto della sovraesposizione? Mi spiego, se sono un individuo abituato al pensiero critico non cercherò di distinguere i contenuti sulla base dell'apporto di significato, magari sviluppando un meccanismo di autodifesa che ignora i contenuti vuoti, così preservando il valore di quello a cui decido di espormi? D'altro canto se sono una persona che ripone poca attenzione al significato, sarò magari più suscettibile allo svuotamento e meno abile nel filtrare i contenuti? In altre parole: sono i contenuti vuoti che svuotano le persone, o le persone vuote che svuotano i contenuti?
2. Come cambia questa tendenza in funzione della geografia in cui ci si trova, e quindi del contesto culturale a cui si è sottoposti? Per esempio, per assurdo, se sono cresiuto sotto un regime, sarò più o meno incline a svuotare i messaggi del loro contenuto? Avrò bisogno di più o meno sovraesposizione?
Nel senso: i tuoi argomenti sono tutti giustissimi. Ma io cosa potrei fare per non essere investita da questa positività tossica? Vado già in terapia, lavoro con i social quindi questi post sulla salute mentale me li devo ciucciare, bevo acqua, cerco di dormire 7-8 ore, cerco di meditare, provo a non dare sempre la colpa agli altri e a mettermi in discussione. Sto esagerando ovviamente! Ma mi pare che la responsabilità debba ricadere piuttosto su chi i post di questo tipo li pubblica: come fermarli considerando che ormai la salute mentale è diventata un business come qualsiasi altra cosa? Sono genuinamente interessata all'argomento.
La verità è che non possiamo fare niente per fermare questo tipo di contenuti, ma possiamo cambiare il modo in cui li guardiamo.
Il passo in più è proprio allenare uno sguardo critico: quando vediamo un post, è utile per migliorare il nostro rapporto con la salute mentale, o è solo marketing?
Non è facile distinguerli a volte, ma è fondamentale farsi un po' di domande per instillare almeno un po' di dubbi in più, e non prendere per buono tutto quello che vediamo.
“Non prendere per buono tutto quello che vediamo”. Bravissimo, questa è la chiave fondamentale, e non vale solo per i social ma per tutto quello che apprendiamo dalla “informazione“, da qualsiasi parte ci provenga.
Come ci avevano insegnato al liceo, almeno dei vecchi tempi (non sono in grado di sapere se avvenga ancora) facendo l’analisi critica dei testi studiati.
Il refuso nel titolo non me lo meritavo…
Bravo Mattia scrivi molto equilibrato .
sempre molto interessante Mattia
"Lascia andare ciò che non ti serve"
"Tu non mi servivi ma non ti ho lasciata andare" (cit. Sirens)
Appunto. Dove è finita la leggendaria sgradevolezza punk? Pure a me tutta sta positività m'ha cotto il razzo.
Nessuna😁. Solo piu piacevoli e meno piacevoli
Wow, che scorpacciata di parole sensate! Mentre ti leggevo una frase risuonava in me "andrà tutto bene", frase storica appesa ai balconi, cantata, tatuata, sputata e masticata e nata in uno dei periodi più tragici dell'ultimo decennio (pandemia covid). Da lì a cascata è nata la narrazione bulimica, fatta da contenuti di riempimento facili e superficiali per non sentire e non vedere cosa accadeva realemente. Un rifugio in cui creare l'ennesima comfort zone mentale, l'ennesima giustificazione, l'ennesima maschera.
Non solo spiega con belle parole quelle che sono le mie convinzioni, ma mi ha dato idee per un paio di quadri 😉
C'è una frase che nel settore dei tech guys è molto spinta a livello aziendale, spesso a Maggio che è il Mental Health Awareness Month. È quella solita "it's ok not to be ok". Che a me in ambito aziendale mi dà un po' fastidio perché sembra di voler togliere all'azienda la sua responsabilità nel benessere del lavoratore. E spesso volentieri lo scrivono/dicono mentre dietro le quinte fanno layoff massicci...
Auguri per la ricorrenza! Sei l'unica newsletter che io abbia mai attivato dal 2003 circa, grazie per esserci.
Ciao Matti, buon weekend!
Ma che onore, grazie mille :)
Grazie delle riflessioni settimanali, sempre molto interessanti e piene di spunti.
Un paio di considerazioni derivanti dalla mera curiosità verso l'argomento e da intendere come ulteriore spunto di riflessione:
1. Premesso che il troppo stroppia in quasi ogni circostanza, siamo sicuri che lo svuotamento di significato dei contenuti sia frutto della sovraesposizione? Mi spiego, se sono un individuo abituato al pensiero critico non cercherò di distinguere i contenuti sulla base dell'apporto di significato, magari sviluppando un meccanismo di autodifesa che ignora i contenuti vuoti, così preservando il valore di quello a cui decido di espormi? D'altro canto se sono una persona che ripone poca attenzione al significato, sarò magari più suscettibile allo svuotamento e meno abile nel filtrare i contenuti? In altre parole: sono i contenuti vuoti che svuotano le persone, o le persone vuote che svuotano i contenuti?
2. Come cambia questa tendenza in funzione della geografia in cui ci si trova, e quindi del contesto culturale a cui si è sottoposti? Per esempio, per assurdo, se sono cresiuto sotto un regime, sarò più o meno incline a svuotare i messaggi del loro contenuto? Avrò bisogno di più o meno sovraesposizione?
Il tempo vola! Due anni di letture settimanali, più o meno piacevoli, ma sempre interessanti. Grazie.
Quali sono state quelle spiacevoli? 😂
Grazie mille Roberto!
torniamo al giusnaturalismo!
Scrivi sempre benissimo.
Ma dopo il tuo articolo sono ancora più confusa.
In che senso? 😂
Nel senso: i tuoi argomenti sono tutti giustissimi. Ma io cosa potrei fare per non essere investita da questa positività tossica? Vado già in terapia, lavoro con i social quindi questi post sulla salute mentale me li devo ciucciare, bevo acqua, cerco di dormire 7-8 ore, cerco di meditare, provo a non dare sempre la colpa agli altri e a mettermi in discussione. Sto esagerando ovviamente! Ma mi pare che la responsabilità debba ricadere piuttosto su chi i post di questo tipo li pubblica: come fermarli considerando che ormai la salute mentale è diventata un business come qualsiasi altra cosa? Sono genuinamente interessata all'argomento.
La verità è che non possiamo fare niente per fermare questo tipo di contenuti, ma possiamo cambiare il modo in cui li guardiamo.
Il passo in più è proprio allenare uno sguardo critico: quando vediamo un post, è utile per migliorare il nostro rapporto con la salute mentale, o è solo marketing?
Non è facile distinguerli a volte, ma è fondamentale farsi un po' di domande per instillare almeno un po' di dubbi in più, e non prendere per buono tutto quello che vediamo.
Hai ragione, mi sembra un'ottima strategia!
Grazie per il tempo che mi hai dedicato!
“Non prendere per buono tutto quello che vediamo”. Bravissimo, questa è la chiave fondamentale, e non vale solo per i social ma per tutto quello che apprendiamo dalla “informazione“, da qualsiasi parte ci provenga.
Come ci avevano insegnato al liceo, almeno dei vecchi tempi (non sono in grado di sapere se avvenga ancora) facendo l’analisi critica dei testi studiati.