Non è un mondo per brutti
Storia di come una sera stai cantando e il giorno dopo ti dicono che sei uno stalker.
C’è un video che è diventato virale: una coppia si è registrata un video selfie al concerto di Ultimo.
A fare scalpore però è che, mentre lei canta, lui passa tutto il tempo a fissarla, canticchiando qualche parola ma tenendo gli occhi fissi su di lei, spalancati, provando a darle qualche bacio, mentre lei continua a guardare verso il palco quasi senza badarlo.
In poco tempo il video viene ricondiviso ovunque, aprendo discussioni e infiniti commenti: “spero che questo amore non mi trovi mai”, “stanotte dormo con la luce accesa perché ho paura di trovarlo a casa mia”, “lui mi sa di stalker solo a guardarlo”.
I commenti nascono dal fatto che il suo comportamento visto in quei 10 secondi di video può essere percepito come invadente, come una relazione apparentemente sbilanciata, che facilmente si presta a critiche da parte di spettatori che basano la loro idea su quei pochi attimi.
Da TikTok, poi, in poco tempo il video viene rimbalzato anche su Twitter, dove si apre la vera polemica: “tutte queste critiche nei confronti del ragazzo sono solamente per via del suo aspetto fisico”.
Gli utenti si chiedono “se fosse stato un ricciolino affascinante, sarebbe stato giudicato allo stesso modo?”.
È qui che la riflessione si complica: è probabile che, anche se fosse stato bello, molti avrebbero trovato il suo comportamento comunque eccessivo. Il troppo è troppo, anche con una bella faccia.
Ma c’è una differenza sottile, e al tempo stesso enorme, tra trovare qualcosa cringe e trovare qualcuno pericoloso.
E questa differenza, oggi, spesso si gioca tutta sull’aspetto estetico.
Un comportamento che su una persona affascinante risulta imbarazzante, su un volto meno attraente viene invece percepito come inquietante. È come se il disagio cambiasse intensità, stimolando nel pubblico delle reazioni diverse.
È qui che entra in gioco un fenomeno sempre più presente nella nostra quotidianità digitale: il lookismo.
Il lookismo è la tendenza a giudicare il valore, il carattere, persino le intenzioni di una persona in base solamente al suo aspetto.
Non è quindi un giudizio puramente estetico su chi sia più o meno bello, ma un processo attraverso cui si assegna alle persone un trattamento sociale diverso in base a quanto il loro aspetto si conforma o meno a determinati standard.
Questo trattamento può quindi essere più indulgente, più positivo, più comprensivo, o, al contrario, più duro, più sospettoso, più ostile.
Nel caso di questo video, il ragazzo non è stato criticato solo per aver esagerato in un gesto affettivo, ma è stato etichettato come stalker, come psicopatico, come inquietante. Parole pesanti che, oltre a essere passabili di denuncia, non descrivono più solo un “comportamento cringe”, ma tracciano un profilo morale e psicologico.
La cosa più assurda è che non c’è alcuna proporzione tra quello che vediamo e quello che proiettiamo, perché basta un singolo video di 10 secondi e una “faccia sbagliata” per costruire un colpevole, per evocare uno scenario di abuso che però, nella realtà, non è mai accaduto.
A far paura è che questo salto logico ed emotivo ormai viene compiuto quasi come un automatismo.
Non c’è dubbio che esistano uomini invadenti, opprimenti, molesti. Ma qui il problema è un altro: la trasformazione istantanea di un volto anonimo in un pericolo pubblico, basandosi solo sull’inadeguatezza estetica. La fretta di etichettare, di incasellare, di emettere una sentenza definitiva, diventa più forte di ogni dubbio, di ogni contesto, di ogni logica.
E ora preparati a un deep dive nella cultura del gergo di Twitter (e in generale degli Incel).
Il ragazzo in questione viene definito un Piergiorgio. So che non sembra voglia dire molto, ma il “Piergiorgio” è un archetipo per definire “un uomo gentile, serio, dedito al lavoro e alla famiglia, ma percepito come noioso o monotono dalla propria compagna o moglie”.
Il suo problema non è solo culturale o estetico, ma narrativo: il Piergiorgio non è previsto nella storia d’amore ideale, non è il classico principe azzurro. Per questo, ogni suo gesto, anche il più ingenuo, viene percepito come eccessivo, disturbante, sbagliato, e anche in un video banale viene giudicato e ridicolizzato.
In sua contrapposizione c’è il Chad, che nella cultura Incel è l’archetipo del maschio alfa, ossia un uomo giovane, bianco, fisicamente attraente, muscoloso, sicuro di sé e socialmente dominante, particolarmente popolare e desiderato dalle donne.
Per fare subito un esempio concreto, su Twitter molti commenti “difendevano” il Piergiorgio del video dicendo che “sicuramente la sua ragazza lo stava ignorando perché era già innamorata di un Chad”.
In mezzo a questi due poli si muove un intero vocabolario digitale, partendo per esempio da “Sub 6”, termine che indica chi si trova al di sotto del “6” nella scala dell’attrattività fisica. Non è solo una valutazione estetica, ma un’identità sociale: se sei Sub 6, è come se fossi automaticamente escluso dalla possibilità di piacere. In questa scala, i Piergiorgi sono Sub 6 mentre i Chad sono classificati come Over 7 o 8.
Dall’altro lato troviamo il termine cumcettina, un insulto sessista che viene usato per criticare le donne considerate mediocri ma colpevoli di aspirare a uomini migliori.
E non è finita qui: in tutto questo c’è Cuccolandia, un mondo metaforico dove le dinamiche di coppia e di attrazione sono percepite come ingiuste o squilibrate, con donne che godono di privilegi sociali e relazionali e i Piergiorgi che si sentono esclusi o svantaggiati.
Arrivati a questo punto, dopo questa follia linguistica è importante specificare che parlare di “Piergiorgi” e “cumcettine”, di “Sub 6” e “Cuccolandia”, è un modo per etichettare intere categorie discriminandole.
È un modo per esercitare potere attraverso il disprezzo, per legittimare l’umiliazione come intrattenimento, per trasformare la complessità delle relazioni umane in un gioco da commento veloce, dove vince chi usa il meme più tagliente.
E il video del concerto, in maniera diametralmente opposta, è solo l’ennesimo esempio di questa dinamica: una polarizzazione continua, una battaglia tra TikTok (in cui si dà dello stalker a un ragazzo colpevole solo di aver guardato e cercato di baciare la propria fidanzata) e Twitter (in cui ci si appella alla cultura RedPill per tirare acqua al proprio mulino e criticare le donne), una guerra in cui tutto viene semplificato e trasformato in un scontro ideologico tra due fazioni.
Il punto è che oggi sembriamo incapaci di tollerare l’ambiguità, e così preferiamo giudicare tutto subito sia da una parte che dall’altra, decidendo chi condannare sulla base di una clip da dieci secondi, di un’espressione che non ci piace, di un’idea che ci fa comodo.
Ma questo modo di guardare le persone è tossico, violento e disonesto, perché ci illude di capire, mentre in realtà stiamo solo confermando ciò che vogliamo vedere.
Il problema quindi non è il ragazzo nel video, ma la sicurezza con cui è stato demolito, il piacere con cui è stato reso bersaglio, l’indifferenza con cui è stato deriso, con la convinzione che in fondo fosse giusto così. E lo stesso per le critiche verso la fidanzata che sembrava lo stesse ignorando.
Oggi bastano pochi frame per distruggere qualcuno, ma se domani in quel video virale e criticato da migliaia di persone ci fossimo noi, mentre facciamo qualcosa che ritenevamo innocuo?
Forse solo in quel momento ci renderemo conto che, da ridere, non c’è proprio niente.
Ti salvo la pausa pranzo: come l’industria del tabacco ha manipolato l’opinione pubblica?
Ce lo spiega Barbascura X, in un video con un bel mix tra divulgazione e intrattenimento, come suo solito. Qui il link.
Perché i social media non sono più divertenti?
Per 3 motivi: le persone normali non postano più, il mito della performance e lo scrolling infinito. Viene spiegato bene in questo video.
È tutto pure per oggi, al prossimo giovedì :)
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Ci sono tre punti fondamentali riguardo a questo post:
1) Tutto questo è frutto dell'ormai conclamata incapacità di interagire socialmente senza attaccare la controparte, probabilmente per una meravigliosa e assolutamente propria insicurezza
2) L'estetica e lo "standing" sono un canone che comanda da sempre, amplificato chiaramente dal contesto virtuale: il mio vicino di casa a Milano mi salutava con un "Ciao" se ero in maglietta e un "buongiorno" se ero in abito
3) Leggendo il paragrafo terminologia, ho avuto conferma di esser diventato vecchio
Ultima non-riflessione (ma non prendetemi per uno da podcasterone): a generi invertiti, avrebbe suscitato la stessa reazione? (giuro, non prendetemi per incel, era davvero un pensiero sano)
Ciao Matti, buon weekend!
È dai tempi di Lombroso che gli esseri umani cercano di semplificare la complessità con risultati devastanti per chi subisca la narrazione.
E te credo che "la gente normale non posta più". È paralizzante anche solo stare in mazzo a estranei con un telefono in mano.