Ogni giorno è più folle di quello precedente
La nuova strategia comunicativa di Musk & Co. è la velocità e l'infobesità.
Ogni mattina ci svegliamo e sembra che il mondo sia cambiato un po’, che sia diventato ancora più folle.
Se la sera prima siamo andati a letto vedendo Trump insediarsi alla Casa Bianca, la mattina dopo ci siamo svegliati e Musk aveva fatto il saluto romano.
Se la sera prima aveva fatto clamore il suo discorso sull’uso dell’esercito per “ripulire le città”, la mattina successiva già giravano video di deportazioni ASMR in cui si sentiva il tintinnio delle catene.
Se la sera prima aveva evitato di chiamare Putin “dittatore”, la mattina seguente era virale il suo video in cui Gaza era trasformata in un resort di lusso.
Aggiungiamo il merchandising con le svastiche di Kanye West, e le giornate poi procedono con tweet su tweet, dichiarazioni su dichiarazioni, notizie su notizie. Sempre più intense, sempre più estreme, sempre più frenetiche.
Proprio in questa frenesia si cela uno strumento di comunicazione mai sfruttato così come ora.
Il punto non è più manipolare l’informazione con la censura o con la propaganda tradizionale: il punto è sommergerci.
L’obiettivo di questo “nuovo” stile di comunicazione è bombardarci con così tante informazioni e in maniera talmente rapida, che ci viene impossibile avere il tempo e la lucidità per riuscire a elaborare qualsiasi cosa.
Per fare un esempio, tra gennaio e febbraio è emerso che Musk ha twittato una media di 84 volte al giorno. Una follia.
È come essere investiti in continuazione da delle onde: non importa quanto sia forte il singolo colpo, dopo decine e decine di onde non avrai più la forza di rialzarti prima che arrivi la successiva.
Questo fenomeno ha un nome preciso: infobesità.
Se l’obesità alimentare è il risultato di un eccesso di cibo che il nostro corpo non è in grado di gestire, l’infobesità è l’effetto di un sovraccarico informativo che il nostro cervello non riesce a elaborare.
Più informazioni consumiamo, meno le comprendiamo.
Più contenuti ci passano davanti, meno riusciamo a distinguerne l’importanza.
Negli anni ’70, il futurologo Alvin Toffler aveva già previsto questa deriva parlando di future shock, ossia un mondo in cui l’accelerazione tecnologica e il sovraccarico di dati avrebbero reso gli esseri umani incapaci di affrontare la realtà in modo razionale.
Ma nemmeno lui poteva immaginare il livello di saturazione che avremmo raggiunto oggi, in cui non siamo semplicemente sommersi, ma siamo anestetizzati.
Il meccanismo è semplice: se fino a qualche decennio fa il problema era la scarsità di informazioni, oggi il problema è non solo il loro eccesso, ma anche la velocità e il disordine.
Ogni evento si accavalla al successivo senza una gerarchia definita, che storicamente invece era imposta dai giornalisti, o comunque da dei mediatori, che fornivano le notizie con un certo metodo.
E quindi entriamo sui social e a una crisi diplomatica segue un meme, poi arriva una polemica su una legge repressiva, che poi viene dimenticata a favore dell’ennesima dichiarazione fuori controllo. E così via, senza sosta.
Trump è tornato alla Casa Bianca da poco più di un mese e in 30 giorni ha già bruciato l’ossigeno informativo che un tempo sarebbe bastato per un’intera legislatura.
La conseguenza naturale è che quando siamo esposti a troppi dati in un tempo troppo breve, la nostra mente fa l’unica cosa possibile: smette di elaborare. Cade in una sorta di paralisi cognitiva che ci porta a spegnere il pensiero critico.
Ed è qui che il fenomeno diventa strumento politico.
Se in passato il potere aveva bisogno di censurare le informazioni per controllare la narrazione, oggi può ottenere lo stesso risultato in modo più raffinato: sommergendoci di contenuti. Non serve più mentire, basta creare abbastanza confusione da rendere impossibile capire cosa sia vero e cosa no.
E se la verità diventa un concetto sfuggente, chi detiene il flusso informativo può riscriverla ogni giorno.
Il sistema è perfetto: mentre l’opinione pubblica si indigna per un tema, il potere agisce su un altro. E quando arriva il momento di fare il punto, è già tardi.
Ma non si tratta solo di politica, dato che il meccanismo si sta estendendo ovunque.
Le notizie sulla guerra si alternano alle polemiche sugli influencer, delle svastiche di Kanye West si discute con la stessa leggerezza con cui si parla dell’ultimo gossip, tanto che tutto viene mescolato in un unico calderone di contenuti senza priorità.
Questo genera un’infobesità estrema talmente diffusa che, unita alla sua frenesia, permette di creare l’arma perfetta.
Non ci viene tolto il diritto di informarci. Ci viene tolto il tempo di capire.
Non ci viene negato l’accesso ai fatti. Ci viene reso impossibile distinguerli nel rumore.
Siamo in un loop costante di indignazione effimera e distrazione immediata che, ogni volta che iniziamo a porci delle domande, un’altra ondata di informazioni ci travolge e sposta la nostra attenzione altrove.
E così il mondo cambia sotto i nostri occhi, ma noi siamo troppo impegnati a inseguire il flusso per accorgercene.
Orwell l’aveva previsto con inquietante lucidità: “il partito ti diceva di negare ciò che i tuoi occhi vedevano e che le tue orecchie sentivano. Era il comandamento più importante”.
Solo che oggi il “partito” non ha bisogno di imporre nulla: il caos si impone da solo. Basta rendere tutto indistinguibile, tutto troppo veloce, tutto troppo saturo. Ogni giorno più folle del precedente.
Perché se tutto è importante, nulla lo è davvero.
E noi, nel frattempo, continuiamo a scorrere, curiosi di vedere la prossima follia.
La cosiddetta “iPhone Face” è un fenomeno sempre più diffuso nel cinema moderno, in cui gli attori che vanno per la maggiore sono quelli che funzionano anche sui social. Questo però fa perdere credibilità ai film in cui partecipano, soprattutto se si tratta di film storici.
CiakClub ci spiega di cosa si tratta e come funziona. Qui il video.
La propaganda per il pubblico più anziano segue ancora canali tradizionali come la televisione.
Un breve thread racconta la testimonianza di chi l’ha potuto percepire in prima persona, e mostra in maniera molto pratica come funziona l’effetto framing.
Ci sentiamo il prossimo giovedì :)
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Molto chiaro, molto lucido. La difesa probabilmente è coltivare informazione altrettanto lucida.
Sempre molto interessante